Wednesday, June 30, 2004

A Ronit

I miei occhi sono spalancati in uno spazio di nebbia, in un orizzonte di latrati e cerco di ricordare il tuo volto, quel giorno, tu stavi ridendo. Poi ho sentito che qualcosa si spezzava e all’improvviso tanto sangue, il tuo sangue, il nostro sangue, il sangue di Israele. Stanotte ti ho sognato. Camminavamo assieme, mano nella mano, lungo la spiaggia di Tel Aviv, e poi io mi svegliavo soffocata dal ricordo di te.

non danzare Israele,
non cantare,
rimani fermo
in silenzio.
Per la lotta abbiamo tempo anche domani.

Sigal




Arafat, il satana di Gaza

Arafat, il satana di Gaza

L’intifada “El Aksa” si è abbattuta su Israele come un fulmine a ciel sereno. Poco tempo prima era stata fatta ai palestinesi la miglior proposta mai fatta prima ed invece di un grazie ci cade addosso l’intifada. Per molti è stata una sorpresa, non tanto per me. L’accordo di Oslo era stato costruito in modo da creare, alla fine del processo di pace, una guerra.
Come noto, anche le generose offerte di Barak a Camp David sono state respinte.

Quello che i palestinesi esigono sono le frontiere di prima della guerra dei Sei Giorni del 1967. Il 60% degli ebrei in Israele è disposto ad un arrangiamento di compromesso, in base al quale i palestinesi riceverebbero i confini fissati nel 1948 dopo la guerra.
Personalmente non appoggio questa soluzione.

La soluzione di “territori in cambio della pace” e ritorno ai confini di prima del 67, risolve il problema solo ad un terzo del popolo palestinese. Due terzi del popolo palestinese non sono inclusi nella soluzione e il loro problema non viene risolto. Si tratta dei profughi del 1948, che secondo una valutazione sarebbe costituito da 5 milioni di persone (nel 1948 erano 600.000!), per non parlare dei palestinesi cittadini d’Israele, che ammontano ad oltre un milione di persone e che costituiscono il 20% della popolazione dello Stato d’Israele.
La soluzione del problema dei profughi palestinesi sarebbe, secondo i palestinesi, “il diritto al ritorno”. Solo allora verranno risolti i loro problemi. I palestinesi israeliani si aggiungeranno allora ai loro fratelli profughi: 5 milioni di profughi + 1 milione di arabi cittadini israeliani ed ecco Israele trasformata in uno stato palestinese, e di conseguenza lo Stato d’Israele cesserà di esistere. Perchè è solo con l’annientamento dello Stato ebraico che potrà essere risolto il problema palestinese al 100%.

L’accordo di Oslo era inteso a dare una soluzione che consentisse la coesistenza dei due popoli, mentre la soluzione voluta dai palestinesi è diversa: ottenere lo Stato d’Israele, i territori presieduti da Arafat e la Giordania (costituita per la maggioranza da palestinesi) per un unico e solo popolo: il popolo palestinese.

Israele viene richiesta, con la tipica gentilezza palestinese, di aggiungere a coloro che lanciano pietre, centinaia di migliaia o milioni di persone provenienti dai campi profughi, con l’odio accumulato in 50 anni contro gli ebrei ed oltre un milione di arabi israeliani, per trasformare lo Stato d’Israele in uno stato arabo.

La frase chiave incessantemente ripetuta dai palestinesi con la tipica gentilezza orientale è la seguente: per favore, amici israeliani, autodistruggetevi con un contratto di pace. In nome della pace, vogliate cortesemente annullare lo stato ebraico.

Arafat ci ha detto e continua a dirci nel più chiaro dei modi di non volere qui uno Stato ebraico. Lo Stato ebraico, dice, è un ostacolo alla pace e se volete la pace dovete eliminare lo Stato ebraico. Credo sia la prima volta nella storia in cui accade che la parte perdente e per così dire conquistata, propone al vincitore, di autodistruggersi di propria libera volontà con un accordo di pace. E se non accetterete la nostra proposta, ci dice Arafat, vi combatteremo,. Voi no, a voi è proibito combatterci, perché noi siamo il popolo conquistato e voi i conquistatori, noi siamo i deboli e voi i forti.

Il fallimento di Oslo sta proprio nel fatto di non aver introdotto nell’equazione il problema dei profughi. I partecipanti di Oslo, abbagliati dal suono magico della parola “pace”, volevano raggiungere una soluzione istant. E noi, In cambio di territori che abbiamo ceduto, non abbiamo ottenuto la pace, ma una foto di gruppo sui prati della Casa Bianca e immaginari arrangiamenti di sicurezza. La calma è durata ben poco, perché loro hanno ripreso a pretendere altro, e poichè noi non abbiamo potuto accettare una soluzione che ci avrebbe distrutto, loro hanno ripreso a fare atti di terrorismo.
Barak ha capito che questa strada non portava a nessun luogo, per cui ha insistito su un arrangiamento definitivo. E’ stato a questo punto che è sorto improvvisamente il problema dei profughi ed il problema di Gerusalemme.

Non riesco proprio a capire come l’Europa non riesca a vedere Arafat per quello che è: un assassino in serie di popoli, un individuo che sta appiccando fuoco in tutto il Medio Oriente, che per raggiungere il suo scopo ha bisogno del sangue dei bambini palestinesi. Perchè, quanti più bambini palestinesi verranno uccisi, tanto più Arafat si avvicinerà allo scopo. Non è per caso che la televisione palestinese diffonde degli spot pubblicitari che invitano i bimbi di 7 anni ad unirsi alla rivoluzione. In questi spot si vede una bambina di 7 anni che depone la bambola e prende una pietra. Quanto questa bambina uscirà a lanciare pietre, Arafat le starà alle spalle e i tiratori spareranno sui soldati israeliani e quando i soldati israeliani risponderanno al fuoco, rischieranno di colpire la bambina ed allora la foto della bambina “shahid”, martire, verrà esposta in tutte le televisioni del mondo, aiutando Arafat a riempire i suoi conti in Svizzera.

Forse non molti in occidente sanno che i filantropi arabi danno ad ogni famiglia di un shahid 2000 dollari dopo la morte del loro caro nella lotta. Da questa somma Arafat e la sua combriccola prelevano e depositano nei conti delle organizzazioni terroristiche di Arafat 1000 dollari. Dato che fino ad oggi sono morti circa 500 palestinesi, nella loro cassa si è accumulato mezzo milione di dollari. Se morranno 1000 palestinesi guadagneranno un milione di dollari. E se ne morranno 2000 accumuleranno 2 milioni di dollari. Ma questo è ben poco.
Quanto più grande sarà il numero delle vittime, tanto più gonfi saranno i loro portafogli. Per tale motivo Arafat ha interesse a che vengano uccisi quanto più palestinesi per poter accumulare altrettanto danaro nei suoi conti segreti in Svizzera e nel mondo. Con l’aiuto di tali conti bancari Arafat si compra amici ed influenza ed incendia il Medio Oriente. Ed alla fame dei bambini palestinesi non risponde facendo uso del danaro per nutrirli. E perché mai dovrebbe farlo? La fame si fotografa benissimo alla televisione e gli porta danaro.
Anche gli arabi capiscono che il diritto al ritorno potrebbe annientare Israele come Stato Ebraico e che non è logico pretendere che uno stato forte come Israele sia d’accordo alla propria distruzione di sua libera volontà.
A questo proposito i rappresentanti dei palestinesi assicurano: “State tranquilli, faremo in modo che il diritto al ritorno non incida sulle caratteristiche d’Israele.” Grazie tante, sarebbe a dire che i palestinesi pretendono di gestire loro il diritto al ritorno, facendo in modo che questo non sconvolga l’esistenza d’Israele. E noi dovremmo metterci nelle loro mani, contare su di loro, lasciarli decidere quando la cosa sconvolge l’esistenza d’Israele e quando no. Israele dovrebbe dare loro fiducia e dare loro la possibilità di sconvolgere o non sconvolgerne il diritto di esistenza in base ad una loro decisione. Se Israele sarà buona, non ne sconvolgeranno l’esistenza, ma se Israele farà provocazioni e li farà arrabbiare la sconvolgeranno. Ed Israele, come noto, li fa sempre arrabbiare.

Questi sono i fatti. Noi raggiungiamo un accordo mentre due terzi dei palestinesi rimangono fuori insoddisfatti e dal loro punto di vista la guerra continua. E se daremo loro quello che vogliono distruggiamo lo Stato d’Israele come Stato ebraico.

Ecco perché Arafat è interessato a continuare la guerra anche dopo che avrà ottenuto l’arrangiamento del 1967. Vuole continuare a prendere, perché lo deve ai due terzi del suo popolo. Arafat non vuole entrare nella storia come colui che ha tradito i profughi ed i cittadini israeliani palestinesi ed ha fatto una pace per meno di quello che il Mufti Hag Amin El Husseini. pretende “Nessun leader palestinese può permettersi il lusso di passare alla storia come colui che è venuto meno al principio del diritto al ritorno”.

L’accordo di pace di Oslo è un accordo in cui da una parte Israele libera gli insediamenti e dall’altra Arafat libera i campi profughi e li riversa su Israele. Questo è il vero significato di “territori in cambio di pace”. Arafat non ha alcuna intenzione di liberare i campi dei profughi, se non riversandoli all’interno dello Stato d’Israele per annientarla.

La concezione musulmana

L’aspirazione ad annientare lo Stato d’Israele non è soltanto un’esigenza palestinese basata sul diritto al ritorno, ma anche e soprattutto un’esigenza mussulmana panaraba.
Sta di fatto che gli arabi e l’islam sono la macchina più sofisticata creata nella storia per annientare popoli, religioni, culture, tribù, sette.
Agli occhi dei mussulmani il mondo si divide in due: “dar el islam” e “dar el harav”, cioè il mondo che già appartiene ai mussulmani ed il mondo che apparterrà ai mussulmani dopo una guerra santa. In Israele viviamo nella zona “dar el islam”, appartenente cioè ai mussulmani. Secondo la legge islamica l’esistenza dello Stato d’Israele qui è illegale.
Gli arabi mussulmani sono un popolo che conquista ed elimina popoli dal 636 d. C. Nel corso della storia gli arabi hanno cancellato dalla terra centinaia di sette, religioni, culture e tribù tramite l’assassinio, il terrore e la coercizione a diventare mussulmani. E Israele non sarà certo un’eccezione.
All’inizio dell’intifada di Oslo si aveva la netta sensazione che Israele lottasse per la propria sopravvivenza. E diciamoci la verità: anche Israele è destinata all’eliminazione ed esiste un serio pericolo per la sua esistenza. C’è un punto di non-ritorno e con l’intifada di Oslo siamo molto vicini a questo punto.
Secondo l’islam gli ebrei hanno il permesso di esistere solo come religione inferiore e come protetti; la loro esistenza come popolo e come stato, costituisce di per sé una provocazione ed un’offesa personale per un miliardo di credenti mussulmani nel mondo. La zona in cui si trova Israele separa gli arabi d’oriente da quelli dell’occidente ed è al centro di un enorme territorio arabo mussulmano. Gli ebrei hanno avuto la sfacciataggine, inconcepibile per i mussulmani, di conquistare territori arabi, dominare gli arabi, insediarsi su territori mussulmani al centro del mondo arabo mussulmano e separare l’oriente mussulmano dall’occidente mussulmano ed arabo; Israele si trova a metà strada in questo grande oceano e pretende di dominare il secondo centro importante ai mussulmani, dopo La Mecca e Medina. E c’è ancora in Israele gente che ha l’ingenuità e la stupidità di pensare che la nostra esistenza qui verrebbe accettata dall’Islam. Non facciamoci illusioni: il loro scopo, a breve e lungo termine, è quello di eliminarci come stato sovrano. Anche se verrà firmata una carta che si chiama accordo di pace, è assurdo pensare che la cosa costituirebbe per noi la fine di una lotta. Le persone che pensano a questo tipo di accordo di pace, come Peres, non sanno probabilmente dove vivono, si tappano le orecchie per non sentire quello che i mussulmani affermano da quasi cent’anni apertamente ed in modo molto esplicito. Lo fanno ora e l’hanno fatto in passato. Le minoranze nei paesi arabi riescono a sopravvivere solo se accettano la superiorità dell’islam. Anche oggi basta dare un’occhiata alla carta geografica per capire cosa in realtà sta succedendo in tutti i paesi dell’islam: dal golfo fino all’oceano non vediamo altro che guerre.
In Afganistan milioni di profughi attendono al freddo e nell’indigenza che vengano aperte loro le frontiere. In Pakistan sta per scoppiare un’altra guerra contro l’India per il Kashmir. Iran ed Irak hanno finito da poco una guerra che ha causato almeno un milione di morti, poi c’è stata la guerra del Golfo ed attualmente gli arabi si preparano alla prossima guerra: la guerra contro l’occidente. Una guerra che in realtà è già in atto. La Siria ha conquistato il Libano ed intende rimanerci e ciò dopo una sanguinosa guerra civile. Il Libano sta ancora leccandosi le ferite della guerra civile, ha da poco finito la guerra contro Israele tramite i Hisballa e si sta preparando alla prossima. Nel Sudan c’è stata la guerra civile che è costata la vita a 2 milioni di persone e la guerra continua. Altri 3 milioni di profughi moriranno di fame e di spada. L’Egitto, isola di stabilità fra i paesi arabi, sta confrontandosi con il movimento islamico che cresce sempre più e deve guardarsi alle spalle dalla vicina Libia come pure dal Sudan, in cui hanno tentato di assassinare Mubarak L’Iraq, quasi senza che nessuno se ne accorgesse, ha assassinato circa 1000 operai egiziani, un numero che per gli Israeliani significherebbe una guerra sanguinosa, mentre per gli arabi è un incidente diplomatico poco piacevole. In Algeria è in atto una guerra civile che ha causato la morte a 100.000 persone. In Marocco c’è il polissario e così via. E gli ebrei che si trovano al centro di una zona del genere, fanno finta di non vedere, non guardano nè a destra nè a sinistra e si illudono di meritare tranquillità , si illudono che riceveranno la pace su un vassoio, che basterà attendere un po’, incontrarsi con Arafat, fare qualche concessione, una bella foto di gruppo sui prati della Casa Bianca e che la tanto auspicata pace verrà.

Il Medio Oriente è una polveriera che sopravvive a forza di calmanti. Abbiamo creato qui un’isola di calma grazie all’Esercito di Difesa Israeliano e con il suo aiuto possiamo far finta di non vedere i pericoli che ci circondano, farci l’illusione che basterebbe fare un piccolo sforzo per avere la pace.
I mussulmani non pensano nè agiscono a ritmo dei notiziari televisivi ed i loro programmi non sono creati in base ai tempi delle elezioni in Israele e negli Stati Uniti. I mussulmani hanno un’esperienza millenaria su come annientare popoli. Hanno un loro ritmo di tempo. E si illude l’occidente compiacente che crede che una volta risolto il problema palestinese (distruzione dello Stato d’Israele) i paesi mussulmani diventeranno un’isola di pace.

La politica lungimirante di Arafat

Nell’accordo di Oslo Israele ha dato ad Arafat uno Stato all’interno di Israele Ancor oggi molti non si rendono conto della gravità di quanto hanno fatto. Nessun paese arabo era stato mai disposto a fare quello che abbiamo fatto noi o il nostro governo di allora. Tutti sapevano chi era Arafat. Nessuno ignorava il fatto che Arafat è stato sempre capace e solo di seminare distruzione. Vediamo un po’ cosa ha fatto nel corso della sua carriera: è entrato in tre stati (Giordania, Libano e Kuwait) ed ha tentato di farli scoppiare dall’interno; e, dato che nessuno stato arabo è mai stato disposto ad accettarlo, egli ha ritenuto giusto realizzare le sue brame distruttive proprio con l’aiuto del governo d’Israele, con l’aiuto dei nostri sognatori che corrono dietro la pace affascinati dal suono di questa parola magica.

Documenti segreti pubblicati dal governo norvegese rivelano che Arafat è stato l’ideatore del processo di Oslo: dopo essere stato cacciato dal Libano da Arik Sharon e costretto a nascondersi a Tunisi, lontano da tutti i centri d’influenza, Arafat si era reso conto che persino l’intifada era scoppiata nei territori senza che ne fosse coinvolto e che la sua leadership era messa in seria discussione. La cosa lo spaventò sicuramente ed allora prese a far pressione sulla Norvegia perché mandasse inviati in Israele per convincerla ad instaurare colloqui con lui. Gli inviati norvegesi si sono rivolti al nostro vice ministro degli esteri di allora, Beilin, un ingenuo che non conosceva gli arabi nè sapeva chi fossero, né sapeva chi fosse Arafat e questi ha aperto le porte d’Israele ad Arafat. Nessun paese arabo era mai stato disposto a farlo.

Negli anni sessanta Arafat era entrato in Giordania con un accordo scritto che gli consentiva di combattere contro Israele. Come ringraziamento Arafat tentò di distruggere la Giordania ed assassinare il re Hussein. Re Hussein resosi conto di quanto stava succedendo, scacciò Arafat con un’operazione chiamata dai palestinesi “il settembre nero”. Una bella pedata nel sedere a chi approfittava della generosa ospitalità per distruggere lo stato che lo ospitava.

Una volta cacciato dalla Giordania nel 1970 Arafat si trasferì in Libano con un accordo scritto: l’accordo del Cairo. Anche il Libano gli avrebbe dovuto servire da base per attaccare Israele, ma invece di concentrarsi nella lotta contro Israele egli scelse di eliminare il Libano. Quando Arafat entrò nel Libano nel 1970 questo paese era un giardino, un paradiso, e quando ne uscì nel 1983 era diventato un inferno, il paese più misero del mondo. Beirut era diventata il simbolo degli orrori e della distruzione.

La terza storia è quella del Kuwait, tipica storia dell’ingratitudine di Arafat. Arafat deve tutto quello che ha al Kuwait. L’organizzazione del Fatach di Arafat è sorta nel Kuwait, Kuwait ha dato ad Arafat ed ai suoi amici un’esistenza onorata, danaro e soprattutto diritti civili e diritti di soggiorno. 350.000 di palestinesi che vivevano nel Kuwait, vivevano nell’Eldorado, nella ricchezza e felicità. Ma Arafat scelse di unirsi a Sadam Hussein nella conquista del Kuwait con un azione crudele e disumana. Basti ricordare come i nati prematuri dei kuwaitiani furono gettati dalle incubatrici sull’asfalto della strada. Sadam, con l’aiuto di Arafat, ha trasformato il paese più ricco del mondo in un’isola distrutta, la ricchezza araba, il petrolio, in fuoco. E i palestinesi, non solo festeggiavano sui tetti, sugli stessi tetti costruiti con i soldi dei kuwaitiani, i palestinesi nel Kuwait si sono uniti all’esercito di Saddam. Non è un caso che la prima cosa che fecero i kuwaitiani dopo essere tornati nel loro paese dopo la vittoria degli Stati Uniti nella guerra del Golfo, fu quella di dare un poderoso calcio al sedere ai 350.000 palestinesi che vivevano nel loro paese nella ricchezza e felicità. I Kuwaitiani cacciarono i palestinesi dal loro paese senza dare spiegazioni e a nulla valsero le scuse né l’intervento di organizzazioni internazionali per salvare quelle belve dall’espulsione. Ecco un altra disgrazia causata dai dirigenti palestinesi al loro popolo.

Arafat è stato cacciato da 3 paesi arabi mussulmani dopo il suo tentativo di distruggerli. Questa è storia. Ma ecco che si presenta Israele e dimentica di quello che Arafat ed i palestinesi avevano perpetrato contro tre stati arabi, gli apre le porte. I nostri illusi erano convinti che a noi non avrebbe fatto quello che ha fatto ai propri correligionari.
Come è possibile che Peres e Rabin non abbiano capito che Arafat entra con accordi negli stati cercando poi di farli scoppiare dall’interno? Come è possibile che si siano illusi a tal punto da firmare un accordo con lui? E’ difficile capire cosa sia accaduto. Peres e Rabin conoscevano Arafat. C’è una sola risposta a questa assurdità: un intero paese, Israele, ha perso la testa tanto era grande la sua bramosia per la pace.

Arafat ha progettato l’operazione Oslo in base alla quale in cambio di territori, armi, soldi per i palestinesi ci avrebbe dato un bel nulla, vale a dire avrebbe riconosciuto lo Stato d’Israele, o meglio ci avrebbe dato una foto di gruppo e strette di mano alla Casa Bianca, con grande soddisfazione di tutti i grandi illusi nel mondo (anche se non sempre in buona fede). Cosa ci ha dato Arafat in cambio di Oslo? Altro sangue, mancanza di sicurezza, terrore esistenziale. Ecco quello che abbiamo avuto in cambio.

La storia di Arafat è la storia di un serpente che si trova imprigionato sotto una pietra senza possibilità di muoversi e chiede ai passanti di aiutarlo ad uscire. Un passante chiede al serpente: “Perché mi hai punto se ti ho aiutato ad uscire?” ed il serpente risponde: “Cosa volevi che facessi, sono un serpente dopo tutto”.

Il fallimento principale dell’accordo di Oslo è che Arafat non ha dato la pace in cambio di territori. Quello che intendeva dire era evacuazione dai territori in cambio dell’evacuazione dei campi di profughi. Il 1967 in cambio del 1948. Con l’accordo di Oslo Israele ha armato i palestinesi, insegnato loro i metodi dell’esercito israeliano, aiutandoli così ad uccidere gli israeliani.
Con l’accordo di Oslo Israele è diventata come il Libano, Arafat ha trasferito qui i metodi da lui usati nel Libano ed i veterani della guerra del Libano di Arafat hanno continuato la guerra civile del Libano in Israele. E’ un evento che non ha uguali nella storia del genere umano. Mai si è verificato nella storia che un paese armasse i propri nemici.

Arafat è ed è sempre stato assetato di sangue, ha sempre provato piacere a spargere sangue: Giordania, Libano Kuwait e ora Israele. Naturalmente non va dimenticato che egli ha preso parte al genocidio in Sudan, alla guerra civile a Tripoli, ai massacri negli aeroporti, negli asili d’infanzia, alle olimpiadi, Assassini in paesi stranieri, assassini di stranieri non coinvolti nel conflitto e assassinio dei propri fedeli. Ciò basta per portarci ad una sola conclusione: Arafat, il satana di Gaza, è un omicida in serie di popoli. Ad Arafat non importa che i suoi muoiano, al contrario questa loro sofferenza fa parte della sua strategia, è olio sulle ruote della rivoluzione ed è un fatto: Arafat ha ucciso più arabi che ebrei e più palestinesi che arabi. Ha ucciso più palestinesi di qualsiasi generale israeliano.

Cattivi accordi di pace fanno una buona guerra. Vedasi quanto è accaduto nella prima guerra mondiale: gli accordi di pace hanno portato alla seconda guerra mondiale, ben più terribile della prima.
E cattivi accordi di pace sono accordi in cui si ignorano i problemi reali.

La nostra sinistra pensa con grande candore, che se darà ad Arafat la valle del Giordano, la riva occidentale e Gerusalemme est, compreso il Monte del Tempio, Arafat ci dia in cambio la pace. Ma la verità è ben diversa: quello che Arafat non riesce a conquistare con la spada lo conquista grazie ai media ed alla sinistra israeliana e non solo. E’ stolto pensare che dopo 3 volte in cui Arafat ha ingannato i popoli mussulmani, non inganni ora gli ebrei.
L’accordo di Oslo è un accordo che dice: alla fine del processo di pace inizierà la guerra, dato che i problemi reali sono rimasti all’infuori dal processo di pace. Problemi che sono insolubili ora, come lo erano all’inizio.

Come è nato il popolo palestinese.

Per creare la pace bisogna innanzitutto capire le cause del conflitto, cioè prima di tutto è necessaria una comprensione storica. La persona media soprattutto in Europa parte dall’assioma secondo cui i palestinesi sono un popolo e vogliono uno stato. Ma i fatti sono un po’ diversi.
Per ben 4 volte è stato offerto ai palestinesi uno stato e loro si sono rifiutati.
La realtà è che il popolo palestinese non è mai esistito. Durante i 1000 anni di governo mussulmano non è mai sorto un Balfour mussulmano che ha assicurato una patria ai palestinesi in Israele. Gli abitanti della Palestina non hanno mai chiesto in nessun modo un’autodefinizione. Non hanno mai mostrato alcuna tendenza ad unirsi in popolo. Nemmeno un nome ha questo popolo. Hanno rubato il nome ad un altro popolo: i Filistei. Se Arafat guarda la porta del suo ufficio sulla parte esterna potrà constatare di essere il presidente dell’autorità palestinese. Chiunque ha studiato la storia vede uno strano fenomeno. Gli arabi mussulmani hanno tentato costantemente per 1000 anni di distruggere la terra d’Israele. Antiche città come Giaffa, Tiberiade, Safed e Gerusalemme, sono state trasformate dagli arabi in rovine. Distrutte dagli arabi. Per generazioni lo scopo dichiarato degli arabi è stato quello di distruggere questa terra, farne saltare gli edifici e le città, trasformarla in deserto, darlo in preda a bande di pirati crudeli.
La realtà semplice è che il popolo palestinese è andato creandosi solo a partire dal 1917, dalla conquista britannica e la dichiarazione Balfour. Ed è questa la data indicata nella convenzione palestinese. Il popolo palestinese è stato creato e fondato dagli arabi con un unico scopo: eliminare gli ebrei.
Il 28 gennaio 1919 si è riunito a Gerusalemme un concilio di notabili arabi e le prime loro parole sono state: la Palestina è parte della Siria.
Nella storia araba quando vengono descritti i tentativi di Mosé di conquistare la terra d’Israele lo storico arabo famoso Even Haldon vi si riferisce come “conquista della Siria”. Perché questa terra è da sempre stata considerata come parte sud della Siria.

Non si dimentichi che nelle moschee il mufti ed i suoi accoliti solevano leggere le lettere di Hitler, di cui il mufti era grande ammiratore e sostenitore.
Durante il periodo ottomano non c’erano differenze fra i popoli arabi. Tutti erano mussulmani.
Negli anni 1917-1948 il mufti Hagi Amini El Husseini ha sparso tanto sangue e lacrime su questa terra, nonostante i rapporti fra ebrei ed arabi in Israele fossero buoni. Arabi ed ebrei vivevano uno accanto all’altro in pace ed amicizia e gli arabi traevano vantaggio del benessere economico portato dai coloni ebrei.

Va sottolineato che gruppi simili ai palestinesi esistono da centinaia di anni nelle zone arabe. Se gli arabi permettessero ad ogni gruppo di abitanti su 30.000 chilometri quadrati di autodefinirsi il risultato sarebbe lo smembramento della nazione araba. Gran parte dei paesi arabi si sarebbero frammentati in piccoli pezzi cosa che gli arabi non possono permettersi..
I Drusi sono un popolo ben più definito dei palestinesi. Ciò nonostante non hanno ottenuto dagli arabi uno stato. I palestinesi hanno ottenuto dagli arabi il diritto di popolo perché essi costituiscono l’unità di commando della nazione araba contro gli ebrei. Solo in questo senso la nazione araba è stata disposta ad aiutarli, invece che reprimerli.
Agli occhi dei mussulmani il loro compito come popolo è quello di eliminare gli ebrei.
Se i palestinesi fossero stati un popolo con una grande volontà di fondare uno stato si sarebbero gettati con entusiasmo sulle proposte di fondare uno stato loro anche su parte del territori, come l’hanno fatto gli ebrei nel 1947.
Il popolo palestinese è stato creato solo per distruggere Israele ed è questo il suo primo compito. Quando un palestinese si guarda nello specchio vede la propria identità nazionale nel modo seguente: distruggere Israele. Ancor oggi i palestinesi si rifiutano di trasferirsi dallo stato ebraico allo stato palestinese. Parliamo delle città e villaggi palestinesi vicini alle frontiere.
Il fatto semplice e molto evidente noto a tutti è che se i paesi arabi avessero vinto la guerra d’indipendenza e conquistato Israele, l’Egitto avrebbe preso il Neghev e la striscia costiera sud, i Siriani la Galilea e Haifa ed i giordani la riva occidentale. Allora nessuno avrebbe pensato ad uno stato palestinese o al popolo palestinese. La nazione palestinese sarebbe scomparsa.
Il mufti stesso si lamenta del fatto che subito dopo la sconfitta del 1948 i suoi vicini collaboratori si divisero in due campi. Il campo giordano ed il campo egiziano. Dopo il 1948 la riva occidentale e la striscia costiera era in mano agli arabi e nessuno aveva domandato la creazione dello stato palestinese. E ciò per 20 anni, fino alla vittoria d’Israele nella guerra dei sei giorni.
E’ assolutamente evidente che se gli arabi avessero vinto nella guerra del 1967 anche in tal caso il popolo palestinese non sarebbe esistito.
Il popolo palestinese è diventato un popolo solo grazie alle vittorie israeliane del 1948 e 1967.
Se gli arabi avessero vinto, essi sarebbero diventati abitanti dell’Egitto, Siria, Giordania ed il mondo lo avrebbe riconosciuto ed anche loro avrebbero fatto altrettanto. Questa sarebbe stata la fine di tutta la storia del popolo palestinese. Se gli ebrei non hanno uno stato non c’è bisogno del popolo palestinese. Arafat ed i palestinesi sanno benissimo questa verità. La prima cosa che fecero gli eserciti della Giordania e dell’Egitto quando invasero la terra d’Israele nella guerra d’indipendenza fu quella disarmare i volontari palestinesi e distruggere le loro unità. Ciò è la prova dell’intenzione di eliminare tutta la storia palestinese dopo la vittoria su Israele. Se Israele non esiste non c’è bisogno di un popolo palestinese.
Gli eserciti arabi hanno espressamente agito per allontanare i palestinesi dai campi di battaglia, hanno impedito loro di partecipare alla guerra. Ciò aveva un significato politico molto importante. Fra la prima e seconda guerra mondiale era di prassi che un popolo che vuole l’indipendenza si unisce al vincitore e d il premio della sua vittoria è l’indipendenza nazionale. Il fatto che i paesi arabi non abbiano permesso al popolo palestinese di unirsi alla guerra che si svolgeva sul loro territorio dimostra che non avevano intenzione di dare loro uno stato il giorno della vittoria.


.Per tale motivo il disarmo dei palestinesi da parte dei paesi arabi partecipanti al conflitto del 1948, veniva a dire ai palestinesi che essi, non avendo partecipato alla guerra accanto ai vincitori, non avrebbero ricevuto i frutti della vittoria.
La vittoria di Israele nella guerra d’indipendenza fu il primo passo verso la creazione del popolo palestinese. Dal 1948 al 1967 i palestinesi furono rinchiusi (dai loro propri correligionari) in campi senza permessi di uscita, senza diritti civili, educati a che la via della libertà passa attraverso l’eliminazione d’Israele. I campi dei profughi in Libano non erano dei ghetti, erano molto più di ghetti. Erano campi di concentramento creati appositamente per creare la miseria e la sofferenza palestinese. I palestinesi erano costretti a spegnere la luce alle dieci di sera, non era loro permesso di leggere il giornale in pubblico e se volevano recarsi al campo vicino per far visita ai famigliari dovevano ricevere il permesso dell’esercito. Ai funerali potevano partecipare solo 4 persone perché era proibito loro di riunirsi.
I campi dei profughi furono il tentativo di unire con la forza persone che non si sentivano un popolo.
Dice Abu Yiad, il numero 2 dell’OLP: “gran parte dei paesi arabi si rifiuta di dare la cittadinanza ai palestinesi. Tanto meglio, non ci lamentiamo, perché essi ci fanno un servizio, ci aiutano a conservare la nostra identità e rafforzano la nostra decisione di trovarci una patria.
Tutti gli arabi parlano arabo e sono in grado di capire le trasmissioni radio e televisione arabe. Quello che i palestinesi hanno sentito per 53 anni si esprime in una semplice equazione: il diritto al ritorno significa la distruzione dello Stato d’Israele.
“I palestinesi sono la pietra miliare della lotta araba contro Israele. I profughi sono l’arma degli arabi“ (Radio Cairo 19 luglio 1957). “Il giorno della realizzazione della speranza araba del ritorno dei profughi palestinesi significa la distruzione di Israele (Abdul el Yapi, primo ministro del governo libanese 1966).

Questi campi di profughi servivano da carbonio liquido per conservare il seme, il seme delle sofferenze che avrebbero poi colpito gli ebrei in Israele.
Non c’è dubbio che se gli arabi avessero dato diritti civili ai profughi palestinesi questi sarebbero scomparsi in seno ai popoli che li ospitavano, arabi mussulmani come loro e non sarebbe rimasto ricordo alcuno dei palestinesi.

La storia del 1948 è la caricatura di un movimento di liberazione. I palestinesi sono un movimento di liberazione alla rovescia. Vogliono liberare oggi quello a cui avevano rinunziato volontariamente 50 anni fa.
Oggi, 2002, riconoscono che la proposta di suddivisione del 1947 è il massimo delle loro aspirazione di oggi. In tal modo riconoscono di essersi sbagliati nel 1948 quando hanno iniziato la guerra. Riconoscono la propria responsabilità nel problema dei profughi che si è creato in conseguenza di tale guerra.
Perché hanno rifiutato la proposta allora? Perché si sentivano obbligati ad eliminare Israele. Il fatto che con la creazione dello stato palestinese sarebbe sorto anche uno stato per gli ebrei era in contrasto con gli intenti dello stato palestinese.
Non esiste popolo al mondo a cui hanno proposto all’inizio del loro cammino quello che vuole dopo 50 anni e l’ha rifiutato e solo dopo cinquant’anni si ricorda che è questo quello che vuole.
Non esiste un popolo la cui finalità e la finalità della loro liberazione nazionale si basa sull’eliminazione di un altro popolo.
Inoltre nel 1947 i palestinesi non erano in grado di consolidarsi come stato. E esiste un ragionevole dubbio che anche oggi ne siano in grado perché nella loro essenza non sono un popolo. Si trovano ancora inni stato di consolidamento. E’ per questo che hanno rifiutato le proposte di Clinton sulla fondazione di uno stato palestinese.
Vediamo un po’ cos’è questo stato palestinese che si sta consolidando: uno stato di ladri (da quando è iniziata l’Intifada El Akza, cioè da quando Israele ha chiuso il confine non consentendo l’ingresso in massa dei lavoratori palestinesi nel nostro paese, i furti in Israele sono diminuiti dell’80%, con grande soddisfazione delle società di assicurazione) ed assassini. Un governo corrotto di bande di assassini che si chiamano Tanzim, il Giad, forza 17 ecc. Un paese in cui i capi delle bande dominano il popolo al disopra della legge e lo opprimono.

Nella grande fuga del 1948 i palestinesi hanno dimostrato di non essere un popolo. Non c’è pari nel mondo di un popolo che si è volatilizzato dal suo paese con tale velocità come i palestinesi l’hanno fatto nel 1948 Ancora prima che iniziasse la lotta si sono volatilizzati con in testa i loro leader.
Questa storia di volatilizzazione è una delle cose che i palestinesi tentano con tutte le loro forze di cancellare dalla loro storia.

Dopo la grande sconfitta nella guerra di liberazione d’Israele i palestinesi disponevano di gran parte delle terra dello stato palestinese come aveva deciso l’ONU. Nonostante avessero terre e tutti i diritti a creare uno stato non creano uno stato. Non esigono di creare uno stato. E’ questo un fatto che non può essere negato. Durante i 20 anni in cui la Giordania dominava la riva occidentale e l’Egitto Gaza, il problema non era sorto. Il popolo palestinese sulla riva occidentale e nella striscia di Gaza opera per 20 anni come popolo giordano ed egiziano. Durante il periodo di dominazione giordana ed egiziana non è stato fatto alcun tentativo di creare uno stato palestinese.
La guerra dei sei giorni nel 1967 fu il secondo passo sostanziale per la creazione del popolo palestinese.
Anche Abu Yiad, il numero due dell’OLP, riconosce che l’identità nazionale del popolo palestinese non esiste. I palestinesi vogliono indietro il loro villaggio del 1948, non vogliono altro. Gli abitanti del villaggio Sumaiel vogliono tornare in via Eben Gevirol a Tel Aviv ed alla piazza Rabin dove facevano pascolare il loro gregge. Gli abitanti del villaggio Sheich Munis vogliono tornare a vivere dove ora sorgono le sontuose sale dell’università di Tel Aviv. Gli abitanti del villaggio Jalil vogliono tornare ad Herzelia. Gli abitanti di Mahalul vogliono tornare alla zona degli alberghi di via Yarkon.
I palestinesi, la cui patria era la via Eben Gevirol e l’università di Tel Aviv non hanno alcun interesse nella liberazione della riva occidentale e di Gaza. Non è questa la loro patria, ne sono estranei. La loro identità è un luogo inesistente. Un luogo cancellato dal tempo.
Il popolo palestinese è l’unico popolo al mondo nato in conseguenza dell’odio verso un altro stato. Il loro diritto all’esistenza: l’eliminazione dello stato d’Israele. E’ l’unico popolo che vuole far tornare indietro il tempo e tornare ad un luogo che non esiste più.

Senza dubbio la conquista di Gaza e della riva occidentale nella guerra dei sei giorni ha incoraggiato il consolidamento dei palestinesi come popolo. Una volta capito il problema Arafat ed i suoi colleghi hanno iniziato la creazione di un popolo, di simboli nazionali, di orgoglio nazionale. E’ proprio in questo tentativo di crearsi un passato che Arafat ha dichiarato che Spartaco, che ha liberato gli ebrei di Roma, era palestinese.

Dopo la guerra dei Sei Giorni l’appoggio per il popolo palestinese da parte dei paesi arabi è cresciuto. I popoli arabi umiliati hanno costretto i loro leader che li hanno delusi nel loro tentativo di eliminare Israele, a dare un appoggio incondizionato a Yasser Arafat ed al movimento palestinese.
Il movimento nazionale palestinese ha iniziato a insegnare al popolo palestinese concetti di popolo, a dargli una mappa ed una storia, una geografia, a trovargli antenati, eroi e soprattutto a cambiare direzione: dalla chiave della casa, dal pozzo e dall’albero di fico, verso un mito nazionale di eroi, di un esercito che combatte contro l’invasore israeliano.

Non è stato facile. Nonostante il fatto che è nata una nuova generazione che non ha mai conosciuto la casa in Palestina, che non ha aperto la porta con la chiave, che non ha attinto acqua dal pozzo nè mangiato i frutti dell’albero di fico, il popolo palestinese ha atteso vent’anni per iniziare l’intifada. Dal 1967 al 1987 sono stati sotto il governo israeliano. Solo gli errori che abbiamo fatto, l’istigazione e la propaganda di tutte le reti dei paesi arabi, soldi, armi e denaro da tutto il mondo affluiti all’OLP sono riusciti ad accendere il nazionalismo palestinese, a dare ai palestinesi una forza.

Ecco il rapporto sorprendente scritto dal capo del settembre nero Abu Yiad, sul vertice di Rabat in Marocco nel 1974.
Il vertice di Rabat nel Marocco stava per dichiarare re Hussein come rappresentante del popolo palestinese e come leader a cui sarebbe stata soggetta la riva occidentale. Infatti nel 1974 i leader arabi conservatori non intendevano dare a Yasser Arafat il governo del popolo palestinese e riconoscerne i diritti.
Fu allora che governo del Marocco scoprì che un assassino era stato inviato ad uccidere il re della Giordania. Abu Yiad spiega che lo scopo della rete terroristica era quello di uccidere solo il re della Giordania. Se non fossero riusciti ad ucciderlo in aeroporto, lo avrebbero aspettato nel lobby dell’albergo e se non fossero riusciti ad ucciderlo nel lobby lo avrebbero atteso in piscina o altrove. Dovevano cioè ucciderlo ad ogni costo.
I marocchini non credettero a questa storia. Pensarono che la rete aveva l’intento di uccidere tutti i leader arabi.
Ciò che preoccupò i leader e le autorità di sicurezza del Marocco fu il fatto che le armi non furono mai ritrovate, il che dimostrava che c’erano ancora e che la rete girava liberamente.
Il vertice si svolse in un’atmosfera di terrore. Correva voce che 100 terroristi stavano preparando tutta una catena di attentati, si parlava dell’assassinio di tutti i leader arabi. Uno dei terroristi fu scoperto nell’aereo: dopo che tutti i viaggiatori furono interrogati fu trovato un tale con passaporto pakistano che non sapendo neanche una parola nella sua lingua madre, fu ritenuto sospetto.
All’OLP constatarono con soddisfazione che la preoccupazione ed il terrore influiscono sulle posizioni dei leader arabi. Gli arabi operarono in base all’antico proverbio beduino secondo il quale quando metti un coltello sul collo di una persona ti darà tutto quello che vuoi.
Anche coloro che erano noti per il loro appoggio a Hussein si trasformarono in simpatizzanti dell’OLP. Re Hussein stesso espresse una posizione di appoggio all’OLP come rappresentante legittimo del popolo palestinese. Il vertice decise che da quel momento l’OLP sarebbe stato il rappresentante legittimo del popolo palestinese e i paesi arabi si impegnarono ad appoggiare il governo dell’OLP in tutto il territorio compresa la riva occidentale che apparteneva per tradizione a Hussein.

La vittoria dell’OLP a Rabat fu straordinaria.

Due settimane dopo il vertice di Rabat, Arafat fu accolto come vincitore nell’organizzazione dell’ONU.

In quell’occasione l’OLP fu la prima organizzazione nazionale nel mondo che ottenne lo status di osservatore all’ONU. Non c’è dubbio che senza l’appoggio dei paesi arabi l’OLP non avrebbe ottenuto questi risultati e tale appoggio non sarebbe stato ottenuto dai paesi arabi senza le minacce di morte.
Ecco il modo in cui il popolo palestinese si trasformò in movimento di liberazione riconosciuto che ebbe subito l’appoggio di tutti i buonisti e pseudomoralisti dell’occidente.
L’OLP si trasformò in un movimento di liberazione esattamente come i movimenti di liberazione dell’Algeria e del Vietnam che ottennero l’indipendenza dopo aver avuto l’appoggio mondiale. Fu così che le cose furono presentate.
E’ interessante notare come dopo questo successo l’OLP non si sognò neanche di far ritorno alla riva occidentale o in Israele per combattere per la liberazione. L’OLP scelse invece di erigere uno stato in Libano. Era uno Stato di terrore. Con l’appoggio di organizzazioni internazionali l’OLP si trasformò nel primo stato terroristico internazionale che dominava tutte le organizzazioni terroristiche del mondo, a partire dal Giappone fino alla Germania ed il sud America, seminando terrore. Vedi ad esempio il kidnapping dell’aereo ad Antebe effettuato dai tedeschi, un altro perpetrato dal giapponese Koso Okamoto, l’operazione terroristica alle olimpiadi di Monaco, con l’eccidio degli atleti israeliani, eseguita con l’aiuto di organizzazioni tedesche, le operazioni terroristiche dell’OLP in soccorso alla Romania di Tchautchesku, l’assassinio degli operatori di radio Europa Libera ecc.
Fu questo un momento storico in cui anche la sinistra israeliana si arruolò allo sforzo palestinese e tutti gli “uomini di coscienza” confluirono per dare appoggio e onori a questi assassini aspiranti alla libertà.

Un’altra data che va ricordata, precedente alla questione palestinese, fu il 1982. In tale anno Arik Sharon iniziò la guerra del Libano dando al partito storico laburista l’occasione di vendicare la sconfitta delle elezioni del 1977. Elezioni in cui per la prima volta nella storia dello stato d’Israele gli uomini dell’Etzel, seguaci di Jabotinsky sono riusciti a prendere il governo dalle mani dei discepoli di Ben Gurion che non avevano mai conosciuto una situazione di questo tipo.

Beighin all’inizio del suo governo seminò sgomento politico in seno ai membri del Mapai essendo stato il primo a firmare un trattato di pace con il più grande stato arabo, l’Egitto. Questa realtà dispiacque ancor più ai membri del Mapai. Non solo avevano vinto alle elezioni ma erano riusciti a firmare una pace, una pace che loro non erano mai riusciti a fare durante tutto il periodo del loro governo.
Questa pace (perchè ottenuta dal partito avversario storicamente nemico) fu per loro insopportabile. E quando ebbero l’occasione, durante la guerra del Libano, di mettersi contro Beighin, lo fecero unendosi alle file dei nemici di Israele. Contro Beighin tutto è permesso, perchè Beighin era il nemico reale dei membri del Mapai.
Fu durante la guerra del Libano che il Mapai storico fece un patto con gli estremisti della sinistra pronto a tutto pur di far cadere il governo di Beighin. Nella guerra del Libano sono nate le norme in cui tutto è permesso contro lo Stato, dato che lo Stato aveva tradito il Mapai.
La fase seguente avvenne nel 1993. In tale anno Arik Sharon riuscì ad chiudere Arafat nella gabbia di Tunisi tanto che la prima intifada scoppia senza che Arafat riesca a gestirla. Fu qui che Arafat propose a Beilin e Peres Oslo. Questi, influenzati dall’enorme successo di Beighin nella pace con l’Egitto, non riescono a resistere.
Beilin può affermare: “Ad Oslo ho fondato lo stato palestinese”. Il problema era che Beilin non capiva nulla del conflitto. L’accordo di Oslo fu un ulteriore passo nel consolidamento del popolo palestinese. La cosa principale accaduta nell’accordo di Oslo e nell’Intifada scoppiata di conseguenza fu il consolidamento delle tre parti del popolo palestinese in un’unica unità: la diaspora nei campi di profughi e nel mondo, gli abitanti della riva occidentale e della striscia di Gaza e i palestinesi arabi nello Stato d’Israele divennero una sola cosa.
La debolezza d’Israele sta proprio nell’aver consentito agli abitanti palestinesi d’Israele di staccarsi dalle istituzioni che li collegavano allo stato d’Israele ed intraprendere una nuova strada. Durante tutto il periodo precedente ad Oslo nessuno aveva mai messo in dubbio la fedeltà degli arabi israeliani allo Stato.
Il comportamento degli arabi israeliani era sostanzialmente diverso da quello dei loro fratelli sulla riva occidentale. Nell’Intifada di Oslo la loro fedeltà venne a cancellarsi, i palestinesi d’Israele ottennero la legittimazione del governo secondo la quale essi facevano parte del popolo palestinese e quindi non si poteva pretendere che fossero fedeli allo Stato d’Israele. Nell’intifada di Oslo si consolidò il popolo palestinese nelle tre parti: gli abitanti della riva occidentale e della striscia di Gaza, gli abitanti della diaspora, i campi di profughi nei paesi arabi e i palestinesi nel mondo ed i palestinesi abitanti di Israele e cittadini dello stato ebraico.

I colpevoli
Il popolo palestinese è stato creato solo in seguito alle vittorie d’Israele ma i leader del popolo palestinese non seppero approfittarne. I dirigenti palestinesi, data la loro aspirazione a annientare gli ebrei ed a spargere sangue ebraico, hanno perso ogni occasione trascinando il loro popolo da una disgrazia all’altra. Husnei Shukri ed Arafat hanno sempre saputo fare la scelta sbagliata trascinando il loro popolo alla successiva disgrazia. Hanno appoggiato i nazisti nella seconda guerra mondiale, i sovietici nella guerra fredda, l’Irak nella guerra del golfo. Hanno trascinato la loro gente alla disfatta durante la guerra di liberazione israeliana e si sono rifiutati di accettare la proposta di suddivisione nel 1948 che dava loro uno stato, hanno invitato la loro gente a scappare dalla Palestina per lasciar posto agli eserciti arabi, hanno creato il problema dei profughi. Infatti se avessero accettato la proposta di suddivisione non ci sarebbero stati profughi. Hanno tenuto i profughi in campi per 53 anni nella miseria ad un solo scopo: l’eliminazione di Israele.
Nel congresso di Khartum nel 1967 si rifiutarono di ricevere la riva occidentale, ancor prima che vi ci fossero insediamenti. Hanno iniziato il genocidio in Giordania. Hanno eretto nel Libano uno stato di terrore che si occupava di attacchi terroristici nel mondo occidentale ed hanno trascinato il Libano nella rovina. Nel Kuwait 350.000 palestinesi sono stati cacciati in conseguenza delle loro azioni, 70.000 palestinesi dall’Arabia Saudita, 30.000 palestinesi sono stati cacciati dalla Libia, hanno causato una sanguinosa guerra civile con i loro compatrioti, decina di migliaia di palestinesi ed arabi sono stati uccisi in queste inutili guerre.
Hanno rifiutato le proposte di Clinton. Non hanno rispettato l’accordo di Oslo, hanno respinto le generose offerte di Barak. I palestinesi sono sempre alla ricerca del passato. Vogliono oggi quello che non hanno accettato ieri. E sempre incolpano Israele e la loro forza motrice è solo l’odio, un odio che li spinge all’assassinio, assassinio, assassinio di ebrei e del loro popolo.

I palestinesi sono un popolo con un programma settimanale ben definito: dedicano due giorni all’odio, due giorni li dedicano alla rabbia, due giorni agli assassinii ed il settimo giorno lo dedicano alla preghiera per invocare Dio affinché dia loro la forza di odiare, assassinare e vendicare.

La famiglia ashemita di re Hussein
Da generazioni i membri della famiglia ashemita e soprattutto i tre re, re Abdalla primo, re Hussein ed il re Abdalla secondo, intrattengono ragionevoli rapporti con gli ebrei e con Israele. Proprio per questo Re Abdalla Primo fu assassinato. Egli non solo sosteneva gli ebrei, ma credeva negli ebrei, sicuro che questi avrebbero portato sviluppo e benessere nella zona.

A differenza di Arafat e Husseini che hanno sempre scelto la via sbagliata e causato il deterioramento della situazione dei palestinesi, gli ashemiti seppero scegliere la strada giusta optando per coloro che avrebbero vinto nella prima e seconda guerra mondiale e nella guerra fredda. A differenza degli altri stati arabi, gli ashemiti hanno rispettato i profughi palestinesi dando loro cittadinanza e riconoscimento, hanno portato alla loro integrazione. Nel regno giordano, dopo la situazione creata da Arafat in Kuwait, re Hussein accolse i profughi palestinesi nel suo paese. Anche Arafat fu accolto nel regno ashemita per combattere da lì contro Israele, ma invece di combattere contro Israele scelse di combattere contro la Giordania e tentò di abbattere il governo del re, tanto che il re li cacciò dopo lotte sanguinose nel settembre nero del 1970. Arafat in risposta assassinò il primo ministro giordano e tentò di assassinare re Hussein.

Anche dopo essere stato cacciato dalla Giordania in Tunisia Arafat ha continuato nel suo cammino di assassinii e sangue, ha partecipato al genocidio in Sudan e si è alleato a Saddam Hussein nell’attacco al Kuwait.

Quando Arafat torna, insanguinato ed infangato agli occhi di tutto il mondo per la sua avventura in Kuwait, é sull’orlo dell’abisso. La prima cosa che fanno i kuwaitiani dopo la guerra del golfo ed il loro ritorno in patria, è quella di cacciare 350.000 palestinesi dal Kuwait e proprio allora, in questo momento storico, la sinistra israeliana, aiuta quest’assassino a risalire dall’abisso e dalla prostrazione estrema, purifica le sue mani sporche del sangue dei kuwaitiani e degli assassini di palestinesi, con il profumo della pace, per far sparire l’odore di sangue dei giordani, dei libanesi e dei kuwaitiani, di bambini e vecchi austriaci, italiani, tedeschi, americani ed israeliani e dà il premio Nobel per la pace a questo assassino in serie di popoli, gli dà miliardi di dollari, gli apre le porte della Casa Bianca, gli prepara l’appoggio internazionale ed americano, gli dà uno Stato, gli dà 40.000 fucili, gli assicura la metà di Gerusalemme, l’evacuazione del 95% della riva occidentale, il monte del tempio; in cambio di tutto ciò la sinistra non ottiene nulla per Israele. Anzi riceve in cambio l’esigenza di Arafat alla distruzione dello Stato d’Israele con il diritto al ritorno e riceve l’intifada di Oslo. Assassinii, assassinii, assassinii, centinaia di vittime, lo scombussolamento della sicurezza e della stabilità d’Israele e un pericolo alla sua sopravvivenza. Con l’intifada di Oslo Arafat dà inizio alla guerra contro Israele, cosa che non aveva mai fatto, dal giorno della fondazione di Fatach fino ad Oslo, vale a dire da quasi 40 anni.

Bisogna capire che fino all’accordo di Oslo Arafat non aveva mai avuto un’occasione reale per combattere contro Israele e fino al 1993 combatteva contro i giordani, i libanesi, i siriani, i kuwaitiani, i palestinesi ma mai contro gli israeliani. Effettuava quà e là operazioni spettacolari ma inefficienti contro Israele, e mai una guerra vera e propria. Tanto è vero che non era stato coinvolto nella prima intifada che era scoppiata senza di lui. Solo l’accordo di Oslo ha dato ad Arafat l’infrastruttura creando l’occasione per una guerra contro Israele. Fino al 1993 Arafat faceva la guerra contro gli arabi e non contro gli ebrei. Beilin gli ha indicato la giusta direzione e gli ha procurato gli strumenti per combatterci.
A mio avviso la democrazia israeliana “ha aperto le gambe” a quest’assassino invitandolo a “penetrare”. Si dà luce verde ad un’aperta istigazione. Il silenzio furioso delle autorità d’Israele quando i membri arabi israeliani della Knesset si esprimono contro lo Stato d’Israele è stato per loro un’indicazione che sotto questo punto di vista problemi non ce n’erano. Da qui la strada per l’intifada era breve.

Democrazia al coltello
La visita di Arik Sharon sul monte del tempio è stato il trigger , la scintilla che ha fatto scoppiare, secondo gli arabi, l’ultima intifada. Gli arabi, come sempre, cercano di accusare Israele ed Arik Sharon è il colpevole.
I fatti, come il solito, sono diversi. Il piano di attizzare il fuoco già esisteva e la visita di Arik Sharon sul monte del tempio fu la scusa per farlo. Anche se gli arabi non hanno bisogno di scuse quando attizzano il fuoco.
Arik Sharon si è recato sul Monte del Tempio (che i media, e non è certo un caso, chiamano “la spianata delle Moschee” ) il giovedì ed il venerdì è scoppiata l’intifada e 7 arabi rimasero uccisi. E’ stato questo l’inizio degli avvenimenti di “el-akza”. Ci facciamo alcune domande. La prima domanda è se Ahmad Tibi (membro arabo israeliano alla Knesset) fosse già a conoscenza del fatto che Arafat aveva il piano di iniziare l’intifada e se Arafat sapesse che Ahmed Tibi aveva lo stesso piano. E’ difficile credere che il ginecologo non sapesse quale fosse la situazione ormonale di Arafat ed Ahmed Ttibi da parte sua non avesse comunicato ad Arafat quanto intendeva fare.
La seconda domanda è che male faceva Arik Sharon sul monte del tempio tanto da irritare gli arabi. In che modo egli avesse disprezzato la religione islamica e fatto qualcosa che potesse irritare i credenti mussulmani.
L’islam nega forse agli ebrei il legame con il monte del tempio ?
Decine e forse centinaia di arabi intervistati alla televisione, radio e giornali non sono stati in in grado di rispondere alla domanda su quale fosse stato il peccato di Arik Sharon quando salì sul monte del tempio. Come e in che cosa avesse irritato gli arabi.
I palestinesi negano forse agli ebrei il legame col monte del tempio? Direi di si se non è concesso a nessun israeliano a recarsi in visita sul monte del tempio e la visita di Sharon avrebbe suscitato tanta rabbia. Arafat aspira ad impossessarsi della Gerusalemme est facendosi personalmente garante del rispetto dei luoghi santi agli ebrei e cristiani. E c’è nel mondo qualcuno che si fida di lui? Il fatto che la visita di Sharon abbia per così dire causato l’intifada non è forse la prova del fatto che proprio il contrario è vero? Altrimenti come si spiega tanta rabbia. Sharon in fondo è andato solo a pregare.
Faccio notare che il nome arabo di Gerusalemme El Kuds è la deformazione araba del nome ebraico di Gerusalemme. Ai tempi del profeta Maometto gli arabi la chiamavano “beit el mikdash”. Dal nome arabo della città risulta che gli arabi e l’islam riconoscevano un tempo la santità del tempio ebraico e lo chiamavano in ebraico.
Ho sentito alla televisione Arafat parlare del muro del pianto e degli ebrei che vi pregavano. Il muro del pianto è il ricordo d’infanzia di Arafat. La casa di sua nonna era vicina al muro e lui veniva a visitarla durante le vacanze dall’Egitto. Dal bagliore satanico che gli usciva dagli occhi era più che chiaro che era uno dei ragazzi che tormentavano gli ebrei che osavano arrivare al muro del pianto. Ed è questo quanto progetta di fare negli arrangiamenti di “pace”.
Per capire quale sia stato il peccato di Arik Sharon bisogna capire la concezione di vita mussulmana araba.
La concezione araba è che noi ebrei siamo dei protetti. Tale concezione è centrale nella comprensione dei mussulmani verso gli ebrei. Tale concezione si è consolidata nella realtà e nei fatti da quanto è denominato “le condizioni dei protetti ed base a cui gli ebrei e cristiani, protetti, ricevono sicurezza di vita e proprietà negli stati dell’islam. Furono queste le condizioni in cui vissero gli ebrei ed i cristiani nei paesi dell’islam fino ai nostri giorni.
Ai protetti veniva imposta una pesante tassa, soprattutto ai possidenti di terreni. I protetti dovevano portare un segno di distinzione che era giallo per gli ebrei e blu per i cristiani. Una testimonianza di un cristiano o ebreo in tribunale non valeva e non era considerata nei confronti di un mussulmano. I protetti non potevano alzare la voce durante la preghiera. I protetti non potevano riunirsi in chiesa o in sinagoga che si trova in un quartiere ebraico. E’ loro proibito impedire che un loro famigliare diventi mussulmano. Devono pagare tasse ed essere umiliati. Non possono cavalcare né un cavallo né un asino. Devono dare la precedenza ad un mussulmano, alzarsi in sua presenza ed onorarlo. E’ proibito che le loro case siano più alte delle casa di un mussulmano, Non possono portare armi, vendere vino, portare candele accese, leggere a voce alta durante la preghiere. Non possono acquistare uno schiavo che è stato di proprietà di un mussulmano e tante altre limitazioni. Tali condizioni sono in realtà un documento razziale che faceva discriminazione dal punto di vista dei diritti umani, destinato ad umiliarli ed è questa in realtà la base teorica del rapporto verso gli ebrei. Anche i palestinesi laici dell’OLP la pensano allo stesso modo ed è questa la linea li guida.
L’azione di Arik Sharon è una sfrontatezza contraria alle loro concezioni. E’ una provocazione. Sharon è una persona di stato inferiore che ha osato dichiarare il proprio diritto su un luogo che i mussulmani hanno stabilito come loro.
Visitando il monte del tempio Arrik Sharon non ha rispettato le condizioni di protetto. E’ questa l’unica verità. Egli ha disobbedito all’ordine mussulmano. Ha osato guardare dritto negli occhi dei mussulmani e dire loro la propria opinione, per quanto concerne il monte del tempio. Questo è stato il peccato di Arik Sharon.
La religione mussulmana non è razziale nel senso comune in occidente. Ogni ebreo, compreso Arik Sharon, ha diritto a diventare mussulmano ed essere mussulmano ed in tal caso è pari a qualsiasi altro mussulmano. Solo in tal caso Arik Sharon avrà diritto a salire liberamente sul monte del tempio. Ma fino a quando Arik Sharon non sarà mussulmano non ha tali diritti ed gli è vietato irritare i mussulmani.

Quando la moschea di EL Aksa è stata costruita sul monte del tempio i mussulmani sapevano benissimo che quello era il sacra sacrorum degli ebrei. E proprio per questo è stato costruito in quel posto Quando Maometto è salito in cielo dalla cupola lo ha fatto proprio perchè lì c’era il monte Moria, luogo in cui Abramo offrì Isacco in sacrificio.

Gli arabi che esigono da noi pieni diritti democratici, quegli stessi arabi nello stesso tempo ci dicono che noi non abbiamo diritti democratici, che siamo di stato inferiore. Noi non abbiamo lo stesso valore dei mussulmani e non abbiamo diritti democratici fondamentali. Non abbiamo diritto di esprimere il nostro parere sulla cosa più sacra al nostro popolo.



Noi siamo dei protetti.

Coloro che esigono da noi democrazia affermano che noi non abbiamo diritto alla democrazia perchè siamo ebrei.

La concezione islamica è che quanto appartiene a loro è solo loro ma quanto appartiene a noi appartiene a loro.

C’è un solo posto al mondo sulla terra in cui a 5 miliardi di persone verrà tagliata la testa, se dovessero osare di penetrarvi. Si tratta della Kaaba alla Mecca. Cinque miliardi di non mussulmani non hanno diritto a visitare la kaaba, neppure in visita di cortesia, perchè una visita del genere è punibile con la decapitazione.

Ecco la concezione mussulmana che è alla base della provocazione di Sharon.

Ciò che è nostro è nostro e vi è proibito avvicinarvi. È così che vogliono trasformare el aksa. I mussulmani estremisti assassinano i turisti che vengono a visitare le tombe dei faraoni, nonostante i faraoni non fossero mussulmani. I mussulmani dicono esplicitamente “quello che è vostro è anche nostro”. I mussulmani costruiscono volutamente moschee in luoghi sacri alle altre religioni. Vedi quanto sta accadendo a Nazareth: i mussulmani hanno voluto costruire una moschea proprio di fronte alla Chiesa dell’Annunciazione cristiana a Nazareth.

I mussulmani oggi invadono l’Europa. Si tratta di crociate in senso opposto.
Milioni di mussulmani lasciano le loro terre ed emigrano in Europa. Centinaia di moschee vengono costruite in Europa. E se gli Europei oseranno cacciarli verranno chiamati razzisti; il fatto però che i mussulmani ammazzano chiunque visiti la kaaba della Mecca, sta nella loro logica. Ecco chi sono i mussulmani.

Nel corso di 500 anni i mussulmani non hanno osato invadere terre europee. Venivano cacciati dall’Europa. Oggi gli albanesi mussulmani stanno invadendo l’Europa cristiana. I mussulmani in Francia tentano con la forza di cambiare il posto della religione nello stato. Esigono di consentire loro di alle loro figlie di andare a scuola ricoperte del velo, mentre secondo la legge francese la religione non va confusa con lo stato.

Cittadini britannici, seconda generazione di mussulmani, vengono chiamati al servizio mussulmano in tutto l’islam. Combattono in Algeria, Afganistan, Sudan ed altrove a favore dell’Islam. Tali cittadini britannici combatteranno per una Britannia mussulmana. E la Britannia, secondo i mussulmani è dar el harev. I soldi mussulmani, i soldi del petrolio acquistano industrie vitali sul continente europeo.

Oggi i mussulmani sono una minoranza importante in Britannia, Francia, Germania ed in altri paesi europei. L’Europa invecchia, la popolazione cristiana diminuisce, non nascono abbastanza bambini. I mussulmani nel mondo si riproducono ad un ritmo impressionante e vengono a frotte in Europa. Oggi siamo testimoni delle crociate dei mussulmani. Anche le crociate cristiane erano state indette in conseguenza dell’aumento della popolazione.

Gli ebrei per generazioni non potevano visitare la grotta della Machpela (dove sono sepolti i patriarchi). E c’era un gradino che gli ebrei non potevano oltrepassare. Gli arabi hanno sempre impedito agli ebrei di pregare al muro del pianto. Dalle case degli arabi così vicine al muro venivano gettate le immondizie sui passanti ebrei, nel migliore dei casi.

I palestinesi chiedono che venga affidato loro anche il muro del pianto: ciò che è vostro è nostro. Stanno già preparandosi a proibire agli ebrei di pregare al muro del pianto. E lo fanno per vie sofisticate. In un’intervista al giornale Al Hayat, Abu Mazen, che rappresenta per così dire il movimento laico democratico, ha affermato che una volta il muro sarà in loro mani agli ebrei verrà consentito pregare sul monte del tempio, ma a condizione che non suonino lo shofar. Cioè la stessa condizione imposta dal califfo Omar che stabilisce che agli ebrei è proibito alzare la voce nella preghiera.
Una volta conquistata Israele, sarà la volta dell’Europa. Ma gli Europei ancora non lo capiscono.

Non esiste alcun esempio di un luogo cristiano o ebraico che proibisce ai mussulmani l’ingresso.

Maometto è salito dal monte del tempio proprio perchè era il monte Moria, il luogo in cui Abramo voleva sacrificare Isacco. Tale luogo è considerato il punto d’incontro fra l’uomo e dio, un luogo aperto perchè gli uomini facciano sentire la loro voce ed è per questo che è stato scelto come luogo per il tempio.

Ora viene Arafat che afferma che gli ebrei (e Arik Sharon) non hanno diritto ad accedere sul monte del tempio, che la sua visita costituisce una grave offesa ai mussulmani, che sono i palestinesi coloro che ne hanno diritto, essendo gli eredi diretti dei Cananei, il cui tempio era stato costruito sul monte del tempio. Infatti Arafat si considera ora discendente dei Cananei, così come all’epoca della guerra del Libano si dichiarava discendente dei fenici. Arafat si inventa dei padri a seconda delle necessità politiche. Il padre biologico di Arafat è egiziano e Arafat è nato in Egitto, ma Arafat lo nasconde perchè suo padre, come pure il suo luogo di nascita, stonano con la sua politica e mettono in forse il diritto di ritorno di Arafat stesso.

Il motivo per cui Il profeta Maometto è salito in cielo dal monte del tempio non era certo dovuto al fatto che lì fosse stato eretto un tempio cananeo Il profeta Maometto, di discendenza araba antica, è salito dal monte del tempio perchè quello era il monte Moria, legato ad Abramo padre comune degli arabi e degli ebrei. Ma Arafat è alla ricerca di antenati, ieri fenici, oggi cananei.
Non c’è dubbio: in caso di necessità Arafat sarà capace anche di dichiararsi discendente degli indiani.

A differenza di Arafat il profeta Maometto conosceva ed onorava i suoi padri. Il profeta Maometto si considerava continuatore dei profeti ebrei e cristiani, un ulteriore anello della catena della profezia ebraica e cristiana.

Fu proprio il grande Saladino, curdo di origine, a riconoscere il legame degli ebrei ai luoghi santi di Gerusalemme. A differenza di Arafat fu proprio il conquistatore Saladino il grande a riaprire le porte di Gerusalemme agli ebrei. La prima immigrazione fu nel 1211.

Così anche il profeta Maometto e Saladino riconobbero il legame fra il popolo ebraico ed il monte del tempio, un legame che il discendente dei Cananei, Arafat tenta di negare.

Secondo una teoria avanzata dal ricercatore Izhak Ben Zvi che fu anche presidente dello stato d’Israele i palestinesi originali abitanti in Israele furono in un lontano passato ebrei. La prova alla sua ipotesi Ben Bvi la trae proprio dai luoghi santi. Ben Zvi afferma che non bisogna credere ad un arabo palestinese anche se giura sul Corano e sul profeta Maometto. Se si vuole che dica la verità bisogna farlo giurare sulla tomba di Giuseppe o di Rachele, tombe comuni agli ebrei ed agli arabi. E ciò dato che i palestinesi primitivi erano in passato ebrei. E la genetica conferma l’ipotesi di Ben Zvi degli anni trenta. Gli arabi abitanti d’Israele erano in passato ebrei.

Ma torniamo ai nostri giorni. Ciò che spinge Arafat a spiegare il suo comportamento sul monte del tempio, non è la tradizione araba che riconosceva il legame degli ebrei e dell’Islam a questi luoghi santi, compresa la tomba di Giuseppe e la tomba di Rachele. Arafat cerca do instaurare nuove norme nella regione, le norme di una “democrazia del coltello, di una democrazia delle bombe”.

Con la violenza e la menzogna Arafat cerca di aprirsi una strada fra fatti mai avvenuti e trasformarli in realtà imponendoli con la violenza. Quando si mette un coltello alla gola di una persona, ti dirà quello che vuoi, lo dice un antico proverbio arabo. E con la forza del coltello ogni menzogna può essere trasformata in verità.
Il problema non è se gli ebrei hanno diritto al monte del tempio o no. La questione sorta a proposito di Arik Sharon è se gli ebrei hanno diritto ad esprimere il loro parere secondo il quale la montagna del tempio spetta a loro oppure se dato che in Medio Oriente gli arabi sono una maggioranza e gli ebrei una minoranza, gli ebrei non hanno diritto ad esprimere tale idea per non far arrabbiare gli arabi mussulmani. La minoranza araba in Israele esige i diritti di minoranza in Israele ma nega di dare i diritti di minoranza nella zona.
I palestinesi non sanno cosa sia la democrazia., Così come nelle questioni religiose altrettanto in questioni di democrazia gli arabi dicono sempre “ciò che è mio e ciò che è tuo a pure mio”. Per loro la democrazia è una democrazia al coltello. Tutto quanto spetta loro è democrazia e quanto spetta a chiunque altro non è democrazia. La sinistra dice “la visita di Arik Sharon è forse un’azione giusta, ma non saggia. Ciò significa che la democrazia in questa zona non è un’azione saggia. Noi qui siamo una minoranza e dobbiamo dimenticare la democrazia e non far arrabbiare i mussulmani e come minoranza nella zona non abbiamo diritto ad esprimere le nostre idee.
La visita di Arik Sharon è stato l’esame degli arabi alla democrazia dato che ci propongono uno stato laico democratico dalla Giordania al mare.
Durante l’intifada El Akza gli arabi israeliani non hanno mai smesso di parlare di democrazia. Democrazia per gettare pietre, democrazia per fare incendi, democrazia per far disordini, democrazia per distruggere, chiudere strade, democrazia per distruggere agenzie bancarie, cartelli stradali, il tutto nell’ambito dei loro diritti democratici.

Gli arabi non fanno altro che parlare di democrazia. Vi si aggrappano, la esigono, la chiedono come se fosse la loro sorella maggiore. Quello che si dimentica è che gli arabi sogliono uccidere le loro sorelle.

Gli arabi si prendono il bene da ogni mondo. Da parte dell’Islam esigono la supremazia razziale dell’arabo mussulmano su i membri delle altre religioni. Ma non rifiutano neppure la democrazia sempre che questa tratti dei loro diritti. Ma quando la democrazia tratta dei doveri fanno finta di ignorarla. La democrazia secondo loro è buona solo per sfruttarla, per distruggere paesi democratici e per null’altro.

Le sinistre hanno affermato che qui non si tratta di democrazia ma di una questione religiosa, di una provocazione, per cui Arik Sharon è colpevole. O in alternativa, anche se ha ragione, non dà certo prova di saggezza. E saggio, secondo loro, è colui che si arrende alla forza.

Durante la guerra del 1967 non abbiamo visto molti mussulmani morire per la moschea. Nei negozi del vicino shuk erano in vendita centinaia di divise di che soldati arabi si erano tolte per scappare. Gli arabi hanno aperto la guerra vicino alla moschea a Gerusalemme e sono subito fuggiti.

Se ad Arafat verrà consegnato il monte del tempio Arafat farà quello che ha fatto Hitler a Reichenstadt. Vi appiccherà il fuoco.
La visita di Sharon sul monte del tempio è la prova.
Il caso del monte del tempio è il centro del conflitto sulla questione della religione. Per Arafat la questione del monte del tempio è strettamente legata al nocciolo della questione: il dominio islamico sui luoghi sacri della cristianità. Come continuatore di Saladino l’attuale saladino Arafat aspira a prendere possesso dei luoghi sacri ai cristiani. È questo il suo scopo quando chiede di dominare il monte del tempio e Gerusalemme vecchia. È per questo che Arafat spara da Beit Gialla contro le case del rione di Gilo. Beit Gialla è una cittadina cristiana, gli spari su Gilo costringono gli ebrei a sparare sui cristiani e così i cristiani chiederanno la protezione di Arafat ed Arafat verrà descritto come protettore dei cristiani e dei luoghi sacri ai cristiani. A Betlemme succede la stessa cosa.