Saturday, April 30, 2005

non ho censurato il mio canto

Mille gabbiane mi guardano
Con occhi di dolore antico
Hanno grandi pupille
E i loro canti rompono
L’armonia del mondo
Io le guardo e vedo
Tante piccole vite in sordina
Vite sotto il mio cielo sacro.
Vite di una terra ferita
Che si espandono lente
Negli infiniti sentieri del cielo,
Mentre gocce di secoli
Le guardano impietosite.
Pensavo che d-o sentisse
I canti delle gabbiane miti
Che avesse pietà
E le lasciasse vivere
In questa terra fiorita.
Mia madre mi diceva
Che quando moriremo
La nostra anima inquieta
Andrà a posarsi
Sulle ali spezzate
Delle gabbiane miti.
Mi ha assicurato che
Nelle pianure del cielo
Tante gabbiane volano
In cerca di stelle
Ed io quasi stordita,
Inquieta e un po’ confusa
Ascolto il loro canto e dico:
“Dimenticate le stelle,
E’ meglio non pensarci
Tenetevi il vostro cuore,
Tenetevi il cielo azzurro,
Tenetevi i ruscelli,
E tenetevi i pini
E tenetevi anche
La vostra lussuria
Fatta ogni sera mistero.
Aprite gli occhi, gabbiane,
Riempite coi vostri sogni
I sentieri del cielo
E accontentatevi
Solo
Di un centimetro
Della più piccola stella

Thursday, April 28, 2005

preghiera

D-o onnipotente
Prendi l’anima
del piccolo ebreo dormente,
Negli abissi di sua madre
Del Bimbo dai riccioli
color rame
E trasformala in luce.
Posa sulle sue piccole ali
Gocce di rugiada
Macchiate di lirica
E di poesia.
Fa che non pianga mai
Per strade
Grottesche
E senza soluzioni
Elimina ogni tristezza
Dai suoi occhi
Color del miele
E colmalo di infiniti
Possibili e impossibili.
E ti prego, d-o onnipotente
Di non dimenticare di
Offrigli anche
Tanti chili di pace,
Quintali di carezze,
Giardini,
E gatti
Gabbiani,
Rondini
E leoni
Fa che il mio bambino
Apra gli occhi
Su giardini fioriti
Su nebbie azzurre
Fa che gridi solo di gioia
Che la sua bocca
Sia fatta solo per
Sprigionare
Profumo di rose,
Per ammirare la luna
Sul Giordano,
Per vivere
Negli eterni giardini dell’eden

I corvi non hanno padroni

La morte sale e scende
Lungo i rami di gelso
Due corvi un po’ sinistri
Pietrificati fissano
I vetri della mia finestra
Con occhi di cedri antichi.
Sembrano sognare
Nella luce fissa,
Uno pieno di sole,
L’altro inzuppato di luna.
Sembrano sospirare
In cerca di pezzi di cielo,
Indossano un abito nero
E cantano con voci
Di fragili cristalli rotti.
Negli alti corridoi del cielo
Le loro voci si perdono
Mentre disegnano grafici,
Ellissi ed ampi cerchi
Nell’aria di primavera.
Inseguono frecce nell’aria,
Riposano sopra i rami
E vogliono odorare
i rossi fiori di gelso.
I corvi non hanno padroni,
Vanno sempre in cerca
Di eterni pali elettrici
E quando moriranno
Li voglio seppellire
Sotto l’albero
Del mio gelso.

Tuesday, April 26, 2005

Il cigno bianco vi dice addio

Nella curva del fiume immortale
La luce di ieri si è spenta
E i castelli di cenere cadono
Trascinando con sé
Piccoli morti e uomini soli.
Il cigno bianco sorpreso
E vuoto di una presenza
Vuol salutarvi e dice
“Dimenticate le follie,
Dimenticate il cuore di nulla
Dimenticate i fiori mortali,
Non ascoltate i lamenti
Accompagnati dai timpani.
Non ascoltate l’arpa e gli urli
Prigionieri di corde metalliche
Lasciate che il cigno bianco
Canti
Ancora una volta
La sua voglia di eterno.
Mentre pietosamente
Avvolge con bende bianche
La luce ferita e repressa
Nella curva del fiume immortale
Il cigno bianco vi dice addio

Monday, April 25, 2005

La leggenda della gattina e del leone (continuing)

Non avendo poi trovato
Alcun riparo
Sulla schiena del leone
La gattina molto stanca
Decise di nascondersi
Dietro un albero di pino.
Il profumo era meraviglioso,
E’ vero,
Ma la notte
Esposta al vento
La gattina si ammalò
La mattina dopo dunque
Se ne andò via disperata.
“Oggi hai un aria molto stanca”
miagolò un po' falsamente
la sua amica impietosita.
“Sono mesi
Che sto cercando
Un posto per dormire
Ma neppure il rosso leone
Che di solito è generoso
mi ha voluta”.
“Vieni con me,
Nel nostra terra naturale.
Lì c’è posto per tutti “.
La gattina che dopo quel passo falso
col leone infastidito
Era diventata diffidente, chiese:
“E che sarebbe questo posto?”
“Come che cosa sarebbe?”
Le chiese meravigliata
E piuttosto infastidita
“E’ la terra che d-o ci ha dato.
Una specie di albergo
Ma con tutte le comodità”.
“Cosa si fa in questo albergo?”.
L’altra rispose:
“La notte si dorme poco
E il mattino si va alla guerra”.
“La vostra regola di combattere
per tutta la vita per una terra
Proprio non fa per me.
Meglio dormire sotto il pino.
E cosi dicendo corse via.
Se vi capita di incontrare
Una gattina solitaria
Intenta a cantare
Sgangherate canzoni
Non ditelo al leone
E neppure alla sua amica.

Sulle rive di un mare strano e violento

Una tranquilla gabbiana
Volando
Approdò un giorno
Sulle rive di un mare
Strano e violento,
Tutto di colore azzurro.
Grida di amore e di passione
Echeggiavano nell’aria.
E nel sentirle
La gabbiana si aprì
come un fiore.
Erano
Misteriose parole,
Parole sublimi,
Parole di amore
“Chi sei tu per parlare
Con tanta passione?”
Chiese le gabbiana
E si nascose
Per non sentire
Quelle parole di spada
Quelle parole di fuoco.
Tanto meravigliosa
Era l’evocazione
Tanto esatta
La sensazione,
Tanto vera la visione
Che la tranquilla gabbiana
Non trovò mai più pace

Israele dorme

Israele dorme
Accarezzata
Dal mare
Dal colore d’argento
E verde scuro.
La nebbia sale dalle acque
E ingigantisce il paesaggio.
Gli abeti già svegli
Riempiono di languido
Incenso l’atmosfera.
E il vento trasforma la città
In un enorme violoncello
Dai suoni vaghi
E appassionati.
Donne triste e sognanti
Alle finestre
E il fiume che geme
Inabissandosi
Nel mare del sale.
Il vento trema
E boschi piangono
Lacrime di castità
Palpiti e sogni
Desolati
E malinconici.
Linguaggio di sostantivi
Condensazione
Del valore supremo
Di d-o
Qualcosa
Di radicale
In tutto lo splendore
Dell’essere.

Sunday, April 24, 2005

notte di sorrisi inchiodati

Dovremo costruire
Abiti di marmo
Per proteggere i nostri bambini
Chiudere le porte
E vigilare in cima alle torri.
Sette ragazze sono state sgozzate
Con tutte le garanzie,
Naturalmente
Sigalit, Rona, Yael
Yamit, Lilach, Tamar
E Ronit la piu’ bella
Hanno bisogno di sangue
Per vincere la morte
Nella luce untuosa
Dell’ospedale.
E io vi dico che è meglio
Fluttuare nel mare,
Essere una medusa
Che essere uomo.
Che sgozzamento allegro!
Venite venite a vederlo
Il pianista pazzo
Che raccoglie
Piccole dita rosa
Per suonare il suo piano.
E necessario avere duecento figlie
Per consegnarle allo sgozzamento
Solo cosi sarà possibile
L’autonomia palestinese
E’ necessario avere figlie
Dal collo facile, voi mi credete?
Vi ricordate la gabbiana
Che trascinava
La sua ala spezzata
Nella fredda arena?
Venite venite a vederla!
Sono rimaste ancora
Altre ragazze da sgozzare!
Mai ci sarà al mondo
Una notte simile a quella notte
Notte di vetri e di piccole mani gelate
Notte di sorrisi inchiodati
Alle radici impazzite degli alberi.
Gli alberi
Gli alberi
E il fiume
Il fiume
La vita
La vita
E i sogni d’amore.

Saturday, April 23, 2005

ho visto due gabbiane con stampelle

Ho visto due gabbiane
Con stampelle
Che trascinavano nella sabbia
La loro ala spezzata.
Le ho viste
Vacillare
Inseguite da mille scorpioni.
Ho visto un cammello
Esalare rumori di deserto
E inseguire adirato gli sguardi.
Ho visto la terra trapassata
Piangere.
Ho visto una cicogna
In riva al lago
Palpitare di agonia,
Una viola
Che qualcuno ha zittito
Chinare la testa,
Una rondine
Disperata d’amore
Emettere parole
Che gemono.
Ho visto i limoni
cadere senz’anima
Sull’arena grigia.
Ho visto due ragazze
Danzare
In segno di lutto.
Ho visto il sole
Seppellire la luna.
Potreste aiutarmi
A trovare
Un mondo
Con gabbiane
Senza stampelle
Con cammelli allegri
E viole che cantano
Con rondini sorridenti
E cicogne che corrono
In cristalli di luce?

Thursday, April 21, 2005

Voli di caprioli

La mia infanzia e’ una favola
Che riempie il cielo:
Dolcezza schiva di mia madre
Silenzio sapiente di mio padre
E il mare e i pensieri e i sogni
Brevi, dimenticati all’alba
Con leoni e cavalli azzurri
E l’amore di sempre.
Spighe nei campi,
Voli di caprioli,
Ombre di cicogne nel cielo
Erboso azzurro di sorrisi,
Azzurri senza storia,
Senza timori,
Cammelli sonnambuli,
Mucchi di cannella
E gli amici dell’isolato
Che giocavano
Sulle scale e
Nel vicino cortile.
Avevo le cicogne
Avevo il fiume
Avevo un lago
A forma di violino
Che io chiamavo mare
Mai i morti sono stati
Piu forti
E hanno divorato
I miei pezzi di cielo
Appeso sugli scogli,
I miei pezzi di mare
Attraccato alle sabbie
E i miei gabbiani folli che
Cantavano senza fermarsi
Le piccole storie
Di un’ebrea senz’angoscia
Con nettari sotterranei
Frementi sotto la pelle

Wednesday, April 20, 2005

Tutta penetra in me
L’energia del tuo linguaggio,
Trasparente
Pieno di te.
Forse dormi.
Il tuo corpo
Come una conchiglia
Mi protegge
Alle spalle.
Turgida torre
Immoto amore
Vita
Ciò che tu sei.
Mi hai detto ieri che
Le gabbiane devono
Sparire dalla terra,
Che devono morire le viole.
Volevo offriti
Sapori di cannella
Volevo darti
Soltanto
Il mio malinconico
Amore femminile.
Ora non resta
Che la curva del silenzio
Crateri
Cicatrici
Voci sommerse
Arpe sussurrate
Solo il mio malinconico
Amore femminile

Monday, April 18, 2005

Il tuo silenzio mi rende furiosa

Stanotte ho imparato
la speranza,
Ho sentito
Vibrare nell’aria
Il magnetico cerchio
Delle tue parole
E ti ho ricamato
Sottili creazioni
Di nuda tristezza.
Ho udito le tue parole lievi,
Definitive come la vita
Mi hai messo la bocca
Sul cuore
Ed hai sentito,
Pallido e ansioso,
Il rumore opaco
Di umide foglie
Che bruciano.
Hai udito
Il tenero coro di voci
Che ti invocavano ansiose.
Ti ho mostrato
I miei sogni
Le mie pianure
E i monti
Le eccitazioni
E gli incendi
E liquidi senza nome
Caduti a gocce lente
Che hanno turbato
La simmetria del mondo
Che hanno sporcato il silenzio.

Saturday, April 16, 2005

C’era una volta una gabbiana

C’era una volta una gabbiana
Che volava nel cielo.
Nulla da meravigliarsi
Che volasse lenta
In fondo dovete sapere
Che aveva solo un’ala.
Di solito preferiva star sola
Ma non le dispiaceva affatto
Un po’ di compagnia.
Ogni mattina si alzava
Facendosi scivolare addosso
Piccole gocce di rugiada
Che la inzuppavano d’amore,
Spesso aveva voglia di
Buttarsi dalla finestra
Ma sapeva ovviamente
Che la vita
E’ la cosa che al mondo
Conta di più
E che senza la vita
Neppure i pensieri esistono.
Nessuno riuscì a capire
Come una gabbiana
Morbida e così gentile
Fece quella triste fine.
Il fatto è che un giorno
La trovarono morta
Fra cumuli di calcinacci
Quel giorno triste
La gabbiana
Mandò un richiamo
Ma nessuno fece caso
Al suo grido d’aiuto.
Qualche passante distratto
Fece finta di non udire
O meglio si tappò le orecchie
E riprese il cammino.
In fondo tutti odiano
Essere disturbati
Il mondo è tanto grande
È nessuno è cosi stupido
Da voler perdere tempo
Con una gabbiana inutile.

Friday, April 15, 2005

Mio padre mi ha detto ieri

Mio padre mi ha detto ieri
Che vivere è un precetto
Che il nostro d-o ci impone
Anche se è a volte ingiusto.
I crateri si sono aperti
Fra gabbiane e simmetrie
Ma ora è tutto finito
E’ finito l’errore
Che ci ha dissanguati
Ora dobbiamo iniziare
A moltiplicare il giusto.
Non ci saranno minacce
Anche mio padre mi ha detto
Che non ci sarà rancore
E’ tutto finito, lo so
Ma nell’andare almeno
Hai saputo donarmi
Il profumo delle tue parole
Lasciando cadere per terra
La tua pace solitaria
L’umidità che palpita
Ai margini del fiume
Io sono andata a cercarti
Non so neppure come
Le tue parole
Mi hanno chiamato.
Pura sciocchezza
Di chi non capisce la vita
Di chi non sa nulla.
Ora sei salito sul treno
E non vuoi più tornare
Non sono risentita
Anche se vedo il mio mondo
Annegare pian piano
Ho visto la tua bontà
La luce della tua mente
La timida freschezza
Di un amore impetuoso
Per qualche ora ancora
Lascia che io mi senta
Sperduta e tremante
Fra le profonde fibre
Della mia terra
Oh tristezza!
Raggio sottile di miele,
Luce sorridente sui prati
Vorrei le tue parole spezzate
Per riempire di luce
Un giorno lento a morire

Ora il mio urlo bianco si eleva nel cielo

Incredibili creature
Mordono le donne sognanti
Ma non voglio lamentarmi
Voglio soltanto
Dimenticare il tuo nome.
Ora il mio urlo bianco
Si eleva nel cielo.
Ci sono i bambini,
I pini e le rose
Per dire la mia verità
E se non ti ho trovato
Andrò dalle viole
Uccidendo in me
La suggestione
Delle tue parole vuote.
Ora il mio urlo bianco
Si eleva nel cielo.
L'aria ha dissolto ormai
Le tue carezze di miele
E io provo quasi stupore
Lo stupore delle cose sbagliate.
Ora il mio urlo bianco
Si eleva nel cielo.
Col dolore che sanguina
Con il casto desiderio
Che si arrampica sulle pareti
Del mio delirio inutile.
Ora il mio urlo bianco
Si eleva nel cielo.
Tu mi hai donato
Fiumi di latte e miele
E oceani di amarezza
Hai voluto gettare
I gabbiani alle fogne
Spruzzando di fango
La loro agonia
Terrorizzata
Dal tumulto del male
Ora il mio urlo bianco
Si eleva nel cielo

Thursday, April 14, 2005

Ti ho visto scomparire ridendo

Ti ho visto scomparire ridendo
Quasi cantando di gioia
Fra gli applausi di tutti.
La tua allegria assomiglia
A ruote dentate e a chiodi
Hai messo una pietra
Sopra le margherite vive
Hai colpito i gabbiani
Chiudendo loro la bocca.
Anche nel silenzio
Ci sono delle norme
Che l’Uomo deve rispettare.
Mai piu cercherò negli angoli
La tua tiepida anima.
Leone azzurro della mia fantasia
Mi hai oscurato
Le tempie
Ti sei infilato
Fra i miei sogni indecisi
Per poi beffeggiarmi
Non ti lascerò pascolare
Sulla mia bocca
Non voglio più cercarti
Amore mio di mai
Anima del mio vuoto di sempre

Wednesday, April 13, 2005

A EHUD MANOR ז"ל

Ferma il tuo pianto, Israele
Soffoca la tua pena
Dovresti ormai sapere che
I miei sospiri teneri
Volano verso di te.
Le tue montagne mi guardano
Mi guardano le tue aurore
Mi guarda la tua pena
Mi guardano i tuoi verdi mantelli
Mi guarda il tuo cuore immenso.
Sei la mia unica terra
Non ne ho altra al mondo.
Oh terra dai deserti ondulati
Tu contieni il mio cielo,
Contieni il mio mare,
Contieni il Giordano
E il Kinneret
Contieni gli olivi e gli aranci
Contieni la Città della Pace.
Fra i tuoi sentieri, Israele
Vola la mia voce,
Vanno i miei occhi.
D-o onnipotente
Portami fiori d’arancio
Portami olivi, giunchie sicomori
Non portarmi i tuoi morti.
Israele, Israele
Sei la mia unica terra
Non ne ho altra al mondo
Sigal

Monday, April 11, 2005

Piccole sono piccole

Piccole sono piccole
Le creature che abitano
Nei miei sogni:
Gabbiani solitari
Corvi chiassosi,
Cavallette affamate,
Cammelli infuriati,
Aquile appese nel cielo,
Gattini nascosti
Fra zampe di leoni
Le creature che abitano
Nei miei sogni
Raccontano la vita,
Hanno biosgno di miele
E quando non glielo danno
Vanno a prenderselo da sole.
E’ ovvio che poi sono stanche
Che sceme che sono
Le mie piccole creature
Fanno sempre passi falsi
E non trovando riparo
Diventano diffidenti
Vogliono sempre nascondersi
Dietro le porte dei fiori
Volano spiegando
Ali di cera
Fantastiche
Per fortuna
Non le hanno buttate
Nella spazzatura
Sarebbe stato un peccato
Io non l’avrei sopportato

Sunday, April 10, 2005

Il tuo volto di carta

Un pezzo di carta
Dove geme il passato
Una spalla per portare il ricordo
Oggi ho visto
La tua anima bianca
Guardarmi negli occhi.
Nel tuo sguardo
Distanze infinite
Eri solo un nome
Ora sei carta.
Volevo vederti
E ti ho visto
Ho contemplato
Il tuo volto
Che il vento impazzito
Ha scavato.
Ora sei qui
Mio prigioniero.
Mio padre racconta
Che non hai dominato
I tuoi sogni
E con bocca piena di sole
Sei andato in terra lontana.
Era tanto che volevo vederti
Oggi ho visto
Il tuo volto di carta
La tua anima
In una fotografia
Col passato
Che sgorga dagli occhi.
Sognavi di essere un fiume
Sognavi di cambiare il mondo,
Uomo solo di carta
Esposto in biblioteca
Anche tu, anche tu
Mi offri oggi il tuo volto
Il tuo volto di carta
Il tuo volto

Saturday, April 09, 2005

in alto oltre gli abeti

Cento innamorati
Seguono una ragazza
Ma lei vuole solo cantare
E comporre poesie d’argento.
L’acqua del Giordano scorre
E sotto gli aranci in fiore
Tremano le sue cosce di marmo.
Il suo canto è terribile
Vivo come il mercurio
Sembra il dolore stesso
Che canta evocando l’amore.
Le tornano alla memoria
I suoi sogni lontani:
Voleva solo arrivare
Dove arrivano le creature buone.
Ora la minaccia il vento
E dal ventre dei monti
Cinghie di cenere grigia
La tengono avvinghiata
Al suo dolore inesplicabile
Gli alberi impallidiscono
Nel vederla così innamorata
Nella penombra liscia.
La ragazza ha paura
E interroga i monti
Interroga l’aria
E il suo grido si leva
In lunghe spirali
Di desiderio svanito
Di svanite illusioni
Di baci svaniti nel nulla.
Ha creduto al suo amore
Lasciandosi fuggire dal petto
Stormi di rondini vive.
Ma lui se n’è andato
Se n’è andato nell’aria
Senza agitare nel buio
Il cenno di un saluto.
Ora lei canta
Canta come l’acqua
Canta come il vento
E incatenata da un fremito
Piega la fronte.
In alto oltre gli abeti
Tre angeli l’aspettano
Per offrirle un bicchiere
Di tiepido latte e miele.

Dal mio orizzonte lontano

Dal mio orizzonte lontano
Io ti guardo
Interrogando i monti
Interrogando l’aria
Il mio grido si leva
In lunghe spirali
Di desiderio svanito
Di svanite illusioni
Di baci svaniti nel nulla.
Entrasti nella mia vita
Come un raggio di sole
Poi te ne sei andato
Lasciandomi qui sola
Sotto l’arco del cielo.
Folle di passione viva
Ora mescolo nel mio vino
L’amarezza che mi hai lasciato.
Tremando nella penombra
Ho creduto al tuo amore
Lasciandomi fuggire dal petto
Stormi di rondini vive.
Ma tu te ne sei andato
Te ne sei andato nell’aria
Senza agitare nel buio
Il cenno di un saluto.
Ora io piango
Piango come l’acqua
Piango come il vento
E piego la fronte
Incatenata da un fremito.

Thursday, April 07, 2005

Ho visto che tutto e' finito

Nella gialla arena deserta
Ho visto la tua testa tagliata.
Ma era solo un incubo
Ed al mio risveglio
Ho ritrovato
Il fremito delle tue braccia.
Ho visto che tutto è finito
Ho visto il tuo manto vuoto
E la tua voce fuggire
Lasciandomi disorientata
Ed ancorata ai morti.
Ma era solo un incubo
Ed al mio risveglio
Ho ritrovato
Il fremito delle tue braccia.
Nell’incubo tu mi guardavi
Spiegandomi che tutto è finito
Lasciandomi imprigionata
Nel mio dolore di polvere.
Ma era solo un incubo
Ed al mio risveglio
Ho ritrovato
Il fremito delle tue braccia.
Esistono le montagne, lo so
Esistono le valli e il mare
Ma tu volevi lasciarmi
Solo il profumo
Di fiori fuggiti
Di melograni feriti
Di valli lacerate
Volevi lasciarmi in un mondo
In cui gli uomini
Ignorano il mistero
Ignorano la luce stupenda
E vogliono solo erigere
Frontiere alla memoria.
Ma era solo un incubo
Ed al mio risveglio
Ho ritrovato
Il fremito delle tue braccia.
Tu mi dicevi
E’ giusto evitare il piacere
E’ giusto evitare la vita
E i nostri amori domani
Saranno coralli induriti
Ma era solo un incubo
E al mio risveglio
Ho ritrovato
Il fremito delle tue braccia.

Tuesday, April 05, 2005

parliamoci come sempre

Parliamoci come sempre,
Come quella sera, ricordi?
Con semplicità
Ho un segreto da confidarti:
Oggi sono andata per le vie
Senza brividi di paura
Pensavo e bevevo l'aria
Con calma
Con occhi
Con gioia.
Attraversavo i negozi,
Guardavo cortili
Un pulsare di gambe
E di cuori
Gremiva le strade.
Ovunque
Vedevo
Bicchieri di miele
Che denso e lento
Scorreva.
Vedevo gabbiani
Case
Eccitazioni
Sogni silenziosi
Fantasie cromatiche
Ascensori
Gambe che si allacciavano
In un fuoco di baci
La poesia a volte
Esce come un urlo
Perciò, ti prego
Parliamoci come sempre
Come quella sera, ricordi?
Sigal

Monday, April 04, 2005

Il cavaliere rosso

Il cavaliere rosso
Ha sguainato la spada
Risplende come un angelo
Con grandi ali di fuoco.
Mille sciacalli infuriati
Vogliono dargli la caccia
Saltando sulle pareti untuose
Della menzogna.
Il cavaliere rosso
Cavalca senza paura
Verso le strade del vero.
Occhi di argento vivo
Il cavaliere intrepido
Sguaina coltelli di fuoco
E il mostro che viene dall'est
digrigna
Lontano i denti
Vorrebbe ricamare
Menzogne lacerate
Serpenti di lamieraS
corpioni di pece nera.

quando veniva la notte

Quando veniva la notte
Mia madre mi raccontava storie.
Nelle sue storie
Non c'erano draghi
Non c'erano fantasmi
E neppure prodigi
Ed io nel sentirleS
granavo gli occhi
Per lo stupore.
Storie di gabbiani feriti
Che bussano alla tua porta,
Nella notte d'argento,
Di lune che sognano in estasi
città senza paura
Avvolte in tranquilla penombra
Storie di uomini che non seminano incendi
Ma sanno solo bruciare
La tua immaginazione,
Storie di fiumi
Che attendono l'alba
Per raggiungere il mare
Storie di rose
Incoronate di luce,
Di gattini che ridono
Mentre rubano il miele
Di tartarughe assetate
Di libertà perduta
Di camaleonti indifesi
In cerca di aiuto
Storie di angeli buoni
Che si avventurano
In imprese rischiose
Per salvare i bambini.

Sunday, April 03, 2005

L'uomo, solo il figlio dell'uomo

Da oltre due anni
Nessuno dorme al mondo
Da oltre due anni la vede
Con il muschio alle tempie
E il corpo invaso
Dall’ultimo acquazzone.
Se chiude gli occhi la vede.
“Ma come è successo? Raccontaci”, le chiedo.
“Nulla di straordinario
Solo una ferita
Arrampicatasi
Fino alle radici del cuore
Tutto qui”.
“Raccontaci cosa hai visto”
“Nulla di straordinario.
La luce smisurata della luna
Gli angeli di zaka
Le sirene delle ambulanze
L’odore di bruciato
E i gemiti
Gente che fugge ed inciampa
Spinta dalle onde dell’urto
Bocche che si aprono
Angosciate
Dall’eterna presenza del male
Donne che cercano scarpe e borsette
Camerieri che fuggono,
Abbandonando i banchetti
E uomini che ordinano al bar
Lacrime d’uomo.
Tutto qui. Nulla di straordinario”.
“La tua storia è strana!”, le dissi.
“Minuscole bocche si aprono”
Continuò lei
“Angosciate dalla presenza del male
Cielo terso e puro
Identico e indifferente
Sopra l’impero primitivo di satana
Ignoranza frenetica e impetuosa
Tutto qui. Nulla di straordinario”.
“E chi ha fatto questo?” chiesi spaventata.
“L’uomo, solo il figlio dell’uomo”, mi rispose.

Saturday, April 02, 2005

Notte untuosa di clinica

Luce untuosa di clinica
Yodio e cloroformio
Fuori neppure una voce
Solo un uomo si affaccia
Sulla corsia
Per calmare le madri
Dai seni pieni di
Inutile latte.
Mai ci sarà al mondo
Una notte uguale a questa.
Notte di vetri
Di piedi staccati
Notte di sangue
Cristallizzato
Notte di mani
Gelate
Notte di sangue
Cieco
Che sbocca nel mare.
Mai ci sarà al mondo
Una notte uguale a questa.
Un orchestra lontana lotta
Drammaticamente
Con violinisti impazziti
Con pianisti che uniscono
I pezzi del pianoforte
Smembrato.
Sulla costa del mare
Cantano gli assassini
Delle gabbiane bianche
E coloro che rubano
Le gambe alle ragazze.
E ora taci, ti prego, taci
E assisti in silenzio
Alla più grande opera
Di misericordia
Dell’uomo