Wednesday, June 29, 2005

Dobbiamo fare qualcosa

Che estate interminabile
Si sparge sulle rive del mare!
Che mortale inquietudine!
Quanta amarezza!
Basta sognare chimere.
Dobbiamo fare qualcosa.
Dobbiamo salvarla subito,
Con le unghie e coi denti.
Non dobbiamo permettere
Che Israele sotterri e calpesti
Il suo cuore antico.
Dobbiamo salvarla subito,
Per creare un mondo
In cui la gente beva
Con allegria il latte
Tenero, e il dolce miele,
Per creare un mondo, in cui
Su orizzonti eterni
Di suoni e di colori
Echeggino nell’aria
Risa bianche azzurre
Come grandi bandiere.
Dobbiamo creare un mondo
In cui Israele vibri
Come una grande farfalla
Con ali multicolori.
Imprigioniamo il dolore in gola:
La morte, ve lo assicuro,
Sarà gentile con noi
Anche se non potremo
Sicuramente evitarla.
Anche se non potremo
Impedirle di entrare
Accetta il mio amore semplice,
Israele,
Ma non affacciarti al mio cuore
Perchè lo vedresti piangere
Piccole gocce di sangue.
E sappi che nessuno
Ti amerà tanto
Come ti amo io.
Cos’è l’uomo senza di te, Israele?
Cos’è l’uomo senza la sua libertà,
Mia terra?
Senza quella luce armoniosa
Che ti senti dentro?
Io non potrei amarti
Senza essere libera.
Come ti potrei donare
Il mio cuore se non fosse mio?
Se appartenesse al male?
Dobbiamo salvarla subito
Con le unghie e con i denti
Non dobbiamo permettere
Che Israele sotterri
E calpesti il suo cuore antico.
Dobbiamo salvarla subito
Per creare un mondo
In cui la gente beva
Con allegria il latte
Tenero, e il dolce miele

Monday, June 20, 2005

la mia gabbiana giace morta

La mia gabbiana
La tua gabbiana,
Giace morta
Sull’arena
Con le ali spezzate
E nel suo becco un fiore,
Un fiore di limone.
Io la guardo e le dico:
“Gabbiana della mia vita,
Ho sete di te,
Sete delle tue ali
Di sogni,
Di libertà
Di amori.
Dove vai, gabbiana ideale?
Dove stai andando?”
“Vado a fare il mio nido
Eterno sulle scogliere
In cima alle rocce.
Vado a riempire
Il silenzio
Di risa.
Ho perso la mia vita
E voglio ritrovarla.
Corro a spezzare la luce
In mille piccoli pezzi,
Per moltiplicarla
Fino alla fine dei tempi.
Preferisco dormire sul mare
Non voglio cadere nel pozzo
In cui cadranno tutti “.
Io la guardo e le cado sul petto
Come si cade nelle braccia
Di d-o
La mia gabbiana,
La tua gabbiana,
Giace morta
Sull’arena
Con le ali spezzate
E nel suo becco un fiore,
Un fiore di limone.

Sunday, June 19, 2005

D-o di salvi, re d’Israele

D-o ti salvi,
Piccolo domatore
Di corvi e di gabbiane
Di tigri e di leoni.
Per te ogni mattina
Suoneranno
Arpe e violini,
Te lo prometto.
Avrai occhi di luce
E berrai ogni giorno
Latte tiepido e miele,
Cantando un po’ sorpreso
E stupito
Sul seno di tua madre.
D-o di salvi, re d’Israele
Padre di eterne dinastie
Per te ricameremo
Centinaia di fiori
E il mondo nel vederti
Si accenderà d’amore.
Non cercare rive lontane
Non cercare le lune
Non rincorrere le stelle
Ti basti solo appoggiare
La tua bocca di rosa
Sul seno di tua madre.
Non dimenticare
Neppure un momento
Che sei discendente
Di Davide,
Sei di stirpe reale.
Il mio viso si accende
Di gioia e di stupore
Solo ad immaginarti.
Ti regalerò una terra
Piena di luce e d’aurora
Ti regalerò un mondo lucente.
Nessuno scorpione
Scalfirà la tua pelle
E sulle piccole spalle
Trascinerai solo stelle.
D-o di salvi, re d’Israele

Friday, June 17, 2005

Quanti incanti ha il tuo capo

Quanti incanti ha il tuo capo
Quanta ampiezza il tuo sguardo!
Io ho commesso l’errore
Di penetrare imprudente
Nei sogni della gabbiana
E l’ho capita e vista
Esattamente com’è.
Ho scoperto la sua passione
Insaziabile,
Il ritmo delle sue ali,
Il suo desiderio di dormire
Fra le braccia di una luce
Circolare e perfetta.
Fortunati coloro
Che dubitano dell’amore!
Fortunati i forti
Che non si sciolgono al sole!
Fortunati coloro,
Che scuotendo pensosi la testa
Dicono che
L’amore è impossibile!
Tu, mio gabbiano,
Sei fuggito lontano
E mai ti sarà dato sapere
Come ti avrei amato
Se tu non avessi lasciato
Cader morto
Un fiore appena sbocciato.
Sei un albero spento
Che solo produce
I frutti di silenzio
Sei il gran sacerdote
Del vuoto assoluto
Di parole e di voci.
E la pioggia scura del tuo silenzio
Mi lascia spaventata e confusa.

Thursday, June 16, 2005

Le stelle sono astratte

Le stelle sono astratte
Le gabbiane sono ideali
Tu invece sei concreto
Ed ogni notte accarezzi
Le mie bianche mani
Sulla spalliera del letto.
Il cavaliere azzurro è un sogno
Nella realtà non esiste.
Tu invece tremi e piangi
Come fanno gli uomini veri.
Il mio Giordano mi scorre accanto
Ed io lo posso toccare
Ed immergervi le mie dita.
Il mio gelso ogni mattina
Respira dalla mia bocca.
Il cavaliere azzurro invece è muto
Ed il suo manto è di ghiaccio
Tu, mio cavaliere stanco,
Respiri sempre al mio fianco
E, bruno ed ardente,
Arrivi sulla mia carne
Portandomi piccoli semi
Di sguardi prigionieri.
Tu non mi dici mai
Che le cose che se ne vanno
Non ritornano più
E ritorni ogni giorno
Un po’ sudato e stanco.
Per questo io ti amo
Per questo non voglio fuggire
Dl mio piccolo mondo
E voglio sempre restare
Incatenata al tuo collo.
Pensieri disperati
Si agitano
A volte nel mio cervello
E suoni di enormi flauti
Rendono sonora l’aria.
Ma voglio dimenticare
Le stelle astratte del cielo,
Le gabbiane ideali,
L’oceano cosi lontano.
Sei tu, cavaliere grigio,
Che trovo nella mia stanza.
Sei tu cavaliere stanco,
Che mi sorride buono.
Sei tu che in ospedale
Avvolgi le mie ferite
Con baci e cloroformio.

Tuesday, June 14, 2005

Una gabbiana lasciva

Una gabbiana lasciva
Bagna le ali spezzate
Nell’avorio luminoso e puro
Del mar Mediterraneo.
La gabbiana canta,
Sola,
In quest’angolo
Perduto del mondo,
Canta la sua terra infelice,
Strana e non voluta dall’uomo.
Per non sentirsi sola,
Per aver compagnia
Moltiplica la propria immagine
Spezzandola in tanti riflessi.
Dietro il primo riflesso
Vede una gabbiana che vola,
Dietro il secondo
La vede giocare
Con una piccola luna.
Nel terzo riflesso, invece,
La vede aprire gli occhi
Verso infiniti orizzonti.
L’ultima, la più vera,
Preferisce morire
Piuttosto che rinunziare
Al bacio delle sue labbra.
Indossa un abito a fiori
E copre pudica il capo,
Mentre asciuga le lacrime
Sospirando il suo sogno romantico.
Le stelle tutte attorno
L’avvolgono intera
Mentre l’acqua del mare
Dorme giocando, romantica,
Con eros e con le stelle
Forse ancor non ho detto
Che la gabbiana
E’ una creatura ideale
Che ogni notte raggiunge
I margini della pena
E raccoglie le lacrime
Per offrirle a d-o.
E quando giunge il crepuscolo
La gabbiana ideale,
La gabbiana lasciva
Sogna il cavaliere stanco
Che la ferisce ogni notte
Con mille spade di fuoco.
In quest’angolo eterno
In quest’angolo immenso
Una gabbiana lasciva
Bagna le ali spezzate
Nell’avorio luminoso e puro
Del mar Mediterraneo.
Dove si nascondono inermi
Gli amati agnelli di d-o

Monday, June 13, 2005

Non portarmi le stelle

Mi hai promesso l’amore
Ed io ho sentito nel cuore
Un tremore di luna,
un fremere di stelle
E ho troncato le ali
al dolore della mia tristezza.
Ho immaginato calici
Pieni di baci
e scene
Di abbracci d’amore.
Mi hai promesso parole
E nella mia pianura
Sono fioriti i cedri,
Si sono aperte le rose.
In cambio a tutto questo
Tu mi hai donato
Il tuo sepolcrale silenzio.
Non sono una gabbiana perversa,
Non sono una mendicante
Che implora alla tua porta
I tuoi inutili baci.
Sono una gabbiana pacifica
Che recita ogni mattina
il suo canto
Sulle onde del mare,
Che ammira ogni giorno
La quiete
Magnificente di d-o,
Dimenticando le pene
E internandomi con riverenza
In boschi di cedri e limoni.
Pensavo che d-o avesse
Pietà di una viola recisa
Ma ora altro non resta
Che allontanarmi e tacere.
Non voglio giudicarti:
Hai voluto vedere le stelle
Salendo su un albero alto
E me le volevi portare
Lucenti sopra la testa
Ora io riposo sul mare,
Sull’erba bassa del prato,
Sul ramo del mio gelso
E la mia legge è il silenzio.
Non voglio volare con te
Non portarmi le stelle
Se poi stordita mi lasci
Se poi, confusa e tremante,
Mi lanci nel vuoto dell’aria.

Non disperare!

Sei nato pianista ed un giorno
Ti svegli e scopri
Di aver dimenticato le mani?
Non disperare!
Sei nato pittore ed un giorno
Ti svegli e scopri
Di aver dimenticato gli occhi?
Non ti lamentare!
Sei nato gabbiano ed un giorno
Ti svegli e scopri
Di aver dimenticato le ali?
Non piangere!
E’ la vita che hai dentro
Che non si dimentica mai,
Una vita fatta di suoni
Di colori
E di libertà.
E se la vita ti pulsa dentro,
Non ci saranno catene
Che possono tenerti in silenzio.
Non è triste la vita
Se le mani, gli occhi e le ali
Ti frecciano nel cervello
E se nel cuore senti
Accordi
Perfetti.
Di aurora.
Non preferire i lamenti,
Non preferire il pianto
E l’ombra
Puoi ancora volare,
Unire la tua bocca alla sua
E sentirne il sapore di miele.
Non protestare!
Non vedi come è bello il mondo?
E allora, gabbiana cattiva
Le rivuoi le tue ali
Oppure preferisci
Il mondo nuovo
Che hai finalmente scoperto?
Dimentica le tue ferite, gabbiana!
Eleva la tua voce
Lenta
In questo immenso oceano
Di risa, di parole
Di rugiada e di suoni.

Saturday, June 11, 2005

L’eden che immagino io

L’eden che immagino io
E’ un eden
Pieno di fonti
E di sorrisi
Che riempiono il cielo.
Un eden fatto di mare
E di saggi silenzi,
Di luce e di arena
E arditi leoni
Di cavalieri azzurri
E bei vestiti a fiori.
Un eden che non conosce
Strazianti addii
Ma solo piccole impronte
Addormentate e lievi
Di dolci carezze.
Le rose in quel mondo
Non fuggono prese dal panico
E l’innocenza non è mai
Macchiata dal male.
Nessuno colpisce le piccole ebree
E il male dorme svenuto
Sotto le stelle.
Il sangue sotto la pelle
Scorre vivo e sereno
E l’amore rotola ridendo
In campi di fiori.
Nessuno brucia
La clorofilla di vita
E le farfalle non precipitano
Terrorizzate
Sui vetri delle finestre.
Nessuno fugge
In quel mondo di sogno
E nessuno si chiude
In stanze sigillate
Per timore che
Le orme del male
Entrino dalle fessure.
I petali dei fiori
Compongono sulle nubi
Accordi circolari e perfetti
E il sole scivola
Dolcemente nei boschi.
In questo mondo di sogno
Nessuno è minacciato
Da pantaloni e giacche
Privi di testa
E le gabbiane
Non impallidiscono
In braccio alla morte.

L'angelo che conosco io

L’angelo che conosco io
E’ del duemilaetre
E con Gabriele non c’entra
Non c’entra con la nazarena.
Non tocca le ragazze
Coi teneri polpastrelli,
Ma sono loro che,
Col seno scoperto
Trapassato da chiodi
Lo invocano
Con gemiti d’amore,
Chiedendo caparbiamente
Il tocco leggero
Delle fresche sue mani.
L’angelo che conosco io
E’ del duemilaetre
E puoi trovarlo dove
Il sogno con la realtà si scontra.
L’angelo che conosco io
Corre sulla sua vespa
Per lenire un cupo dolore di buchi
Di tante creature nude.
L’angelo che conosco io
Ogni giorno raccoglie
Piccole gocce di sangue
Che schizzano senza gloria
Sulle macchine ferme.
L’angelo che conosco io
Vede ogni giorno
Ragazze divorate dal panico
Che presentendo la morte
Vogliono volare in cielo
Strette da braccia forti.
E mentre lui trascina
Il loro collo spezzato
Aprono bocche di rosa
In un ultimo bacio.
L’angelo che conosco io
Non tenta le ragazze
Non osa neppure toccarle.
Sono le ragazze agonizzanti
Con volti bianchi di morte
Assassinate alla luce del giorno
Che li circuiscono
Invocando baci d’amore
Per non morire senza
Per portarne
Il ricordo, solo il ricordo.
Non vogliono lasciare la vita
Senza aver provato prima
Almeno una volta
I fremiti dell’amore.
L’angelo che conosco io
E’ un angelo grigio e stanco
Sporco di polvere
E madido di sudore.
L’angelo che conosco io
E’ del duemilaetre
È un angelo senza ali,
Che con due ruote veloci
Corre per le strade
A raccogliere i pezzi
Sporchi di polvere
E di sangue vivo
Sparsi sulla strada,
Scaraventati
Sul volante di un autobus.
Pezzi precipitati dall’urto
Sotto il sedile o
Sulla tavola apparecchiata
Della casa di fronte.
Pezzi di un abito nuovo
Comprato per il compleanno.
Pezzi di un quadro dipinto
In tempi molto lontani
Da ignoti artisti italiani.
L’angelo che conosco io
E’ del duemilaetre
E stringe le ragazze morenti
In un ultimo
Spudorato
Abbraccio.

Thursday, June 09, 2005

La morte ha paura degli angeli

La morte
Inevitabile
Fluttua,
Lentamente,
Maetosamente
Fluttua
In cerca di vittime.
La morte medita,
Non sa chi scegliere
E la sua voce
E' grave e profonda.
La morte che ho visto io
E' un mostro verde
Con occhi gialli,
Bocca gelatinosa
E chiodi.
Si è nascosta
Dietro la mia porta
Per spaventarmi
Fingendo di portarmi via.
Allora io canto
Canto,
Invoco e chiedo
Ad angeli silenziosi
Di tornare sulla terra
E riattaccare
Le ali recise
Delle gabbiane gentili
E dei timidi corvi.
Dovete sapere
Che la morte
Ha paura degli angeli
E se volete che lei si allontani
Chiamate gli angeli
Come ho fatto io.

Stupida ragazza ebrea

Quando ti hanno lasciato
Morta,
Morta sulla strada,
Io ho sentito in fondo
Una grande allegria.
Non ero io
Non ero io
Ad essere morta.
Quando ti hanno sepolto
Ho sentito
Come dei colpi al cuore,
Colpi di gioia repressa.
Non ero io
Non ero io
Ad essere sepolta.
Quando sono venuta
A metterti sulla tomba
(ed erano passati ormai mesi)
Un sassolino,
Solo allora ho sentito
Come se qualcuno
Mi strappasse il cuore
E i polmoni dal petto.
Non dobbiamo piangere i morti
Basta chiudere la porta
Perchè la morte non merita
I nostri tristi sospiri
Tu, stupida ragazza ebrea,
Sei solo una ferita aperta
Da cui escono ogni giorno
Piccole gocce di sangue.
A volte pensando a te
Ricordo il tuo sorriso.
Si, è lo stesso sorriso
La stessa fronte bianca
Fatta di terso cristallo.
Ragazza stupida,
Anima ebraica innocente
Tu non avevi capito,
Non avevi capito
Che la tua morte
E’ stata solo
Una commedia inutile
E che il dramma vero
La vera tragedia
Si annida dietro la porta.

Tuesday, June 07, 2005

Come adamo

Un brivido sale lento
Dalle gambe
Su, su lungo la schiena.
Un piccolo calice di seta
Scivola lento
Nell’acqua di cristallo puro.
Non fermare il tuo viaggio
Verso la vita
Ti prego,
La tua presenza
Mi colma.
Forse tu dormi
In questo momento
E il tuo sussurro
Muove le corde
Del ventre.
Presto vivrai nella vita
E aprirai la tua bocca al vento.
Il sole, le gabbiane
E i corvi
I fiumi gli alberi e le colline
Ti accoglieranno
In estasi
Per baciarti la fronte,
E la musica
Si fonderà in te
Nella sua trasparenza.
Dolcezza delicata,
Piccola mandorla nuda,
Angeli e regine
Nasceranno con te
Con te giungerà il messia,
Con te nascerà la vita
E la pace nel mondo.
Nessuna bufera si schianterà
Contro il tuo petto di luce,
Te lo prometto.
Non saprai solitudine
Non saprai dolore
E come adamo
Saprai solo la vita

Monday, June 06, 2005

D-o ti ha lasciata sola

Sulle colline dorate
La luce suona accordi
Di monotonia.
Laggiù nella valle
Dove sei nata
Rivive il tuo spirito
Inquieto
E campi solitari cantano.
Il cielo blu
Apre il suo manto
In lontananze tremanti
Di luce e di penombra.
Suonano gli orizzonti,
Il fiume passa e bagna
Gli alberi di freschezza
E il vento inizia
A cantare la sua melodia
Senti come suona la luce?
Senti i magnifici accordi
Di monotonia?
Senti come rivive
Il tuo spirito inquieto
Ragazza solitaria?
Questo è solo l'inizio
D-o ti ha lasciata sola
Forse ha dovuto farlo.
Il tuo sangue non ti appartiene
Ragazza triste
D-o ti ha lasciata sola
D-o ti ha lasciata sola

Sunday, June 05, 2005

Corri, ragazza, corri

Corri, ragazza, corri
Perché la morte non possa
Mettere il suo coltello
Fra i tuoi polmoni e il cuore.
Corri, ragazza, corri,
Lo sai che a nulla serve
Mettere grandi sbarre
A tutte le tue finestre.
La morte è trasparente
E passa attraverso i muri.

Ti prego, taci, ti prego
Qui io voglio restare
Voglio creare coi sogni
Tante gabbiane in volo
Avere le mie orecchie
Per sentire
Il rumore del fiume
E i miei occhi
Per vedere
Lo sfrontato volo del corvo.
Voglio sentire il vento
Che raccoglie sotto la gonna
I gemiti delle ragazze morte
E li porta lontano.

Corri, ragazza, corri
Corri, corri
Perché la morte non possa
Mettere il suo coltello
Fra i tuoi polmoni e il cuore.

Erigerò un muro
Fra la mia vita e la morte
Perché vita mi brucia
Perché la vita mi tiene
Incatenata al collo

Saturday, June 04, 2005

Non ero io, non ero io

Quando ti han sotterrato
Nel fondo del mio cuore
Ho sentito allegria
Non ero io, non ero io
Ad essere avvolta
In quel bianco sudario.
L’indomani mi sono svegliata
E ritrovando il mio cuore,
Il mio viso e le mie braccia
Ho pianto sospirando di gioia
Mentre dalle mie ferite
Uscivano fili sottili
Di dolore lancinante.
Eppure volevo cantare
E cantavo,
Gabbiana,
Cantavo
Invocando l’amore.
E’ questo che vorrei spiegarti.
Rispetta la mia allegria,
Gabbiana,
Se vuoi ti regalo i miei occhi
Perchè tu possa vedere
La tenera rugiada
Che fugge ogni giorno dal sole
Perchè tu possa sentire
La carezza dell’aria
Che piange sui fiori recisi
E i venti abbracciati
Che dormono
Sulla nostra collina.
A te lascio i gemiti,
Gabbiana,
Dei fiori tagliati
Dall’odio
Dal furore
E dalla rabbia
Io sono viva
E la mia vita è vita
Io non voglio più piangere
Rispetta la mia allegria,
Ho già pianto abbastanza

il cavaliere azzurro passa

In questo lussurioso
Mese di giugno
Il cavaliere azzurro cavalca
Soavemente muto e silenzioso.
Il cavaliere azzurro passa
Tremando di passione.
Lei presentendo la morte vicina
Si apre come un fiore.
Timidi i casti sono i colori
Dell’abito che indossa
Vaghi e sensuali i suoi occhi
Grida di gioia e colori
Precipitano
E si fondono
In un accordo azzurro d’amore
Suonano i colori
Canta la luce
E in questa notte magica
Sempre lo stesso accordo.
Il cavaliere
L’accarezza
Voluttuosamente
Con sensualità abissale
Come l’onda del mare
Accarezza la riva
Il cavaliere azzurro passa
Come un fantasma
Al ritmo lento
Dell’antica tristezza
Poi finalmente
Precipita nel suo
Calice aperto

Fra i rami del mio gelso

Fra i rami del mio gelso
Si è insinuata la morte.
Orribilmente tranquilla
Muta e senza gesti
La morte è fredda
E nemica del mistero
E taglia il collo
Alle gabbiane
E ai corvi
E quando parla
Ha un ritmo furioso
E geometrico
Dice parole
Brillanti e spente
Violente e persuasive
Intime e private.
Io l’ho guardata negli occhi.
Invece di risponderle.
Mi sono allontanata
E mentre cosi facevo
Ho sentito pronunciare
Il mio nome
Mi son guardata attorno
E non ho visto nessuno.
Eppure il mio nome,
Io l’avevo sentito
Erano i rami del mio gelso
Che movendosi al vento
Producevano quel suono?
Sembrava come un lamento:
Si-gal si-gal
Si-gal si-gal
Era il mio nome
E quello che avrebbe
Rallegrato molti
A me produsse
Una tristezza profonda
E’ come se la morte
Mi avesse chiamato
Per nome

Friday, June 03, 2005

uan giorno un fatidico giorno

Un giorno,
Un fatidico giorno
La gattina rossa di pelo
Prese a contorcersi
Dal dolore.
Non vorrei spaventarvi
Dicendovi
Quello che le successe
Vi metterei di cattivo umore.
Nessuno dei suoi amici
Si sarebbe immaginato
Un giorno cosi fatidico,
Proprio a lei
Che si accontentava
Di poco
E del mondo
Non gliene importava:
Non leggeva neppure i giornali.
La gattina,
Quel giorno fatidico
Fu aggredita
Da mille Scorpioni
Che uscirono
Gialli gialli
Dagli oscuri nascondigli
Mentre lei, ignara di tutto,
Mollemente
Adagiata sul prato,
Cantava le lodi di d-o.
Da quel giorno
La rossa gattina
Fu presa dalla paura
Che la soffocava.
Piangeva
Dalla sera alla mattina
Ma siccome
Non era stupida
Poi si disse che
Era possibile
Trovare direzioni
Forse più belle
Di quelle di prima.
Fu così che fece amicizia
Con una gabbiana
Che ogni notte
La portava in volo
Nell'azzurro infinito
del cielo

No, non ti ho chiamata

Sono due anni
Che ti sto aspettando
Per chiederti perdono
Di una morte
Che non ho meritato
Ma tu dove sei andata?
“Canto la morte
Che ho meritato
Per averti seguito”
Mi hai detto
“Canto il mio dolore inutile
Con pianto di lacrime scure”.
Non ho nessuna colpa
Se tu ora sei nuda
Svenuta sulla collina
Trentasei gridi di musica
Ti cercano stanotte
Lascia che io ti parli
Ascolta
Guarda
Aspetta, ti prego
Aspetta.
La notte vola sui sogni
Senti come canta la notte
Sui rami del mio gelso
“No, non ti ho chiamata”
Mi hai detto.
Ed io sono due anni
Che ti sto aspettando
Per chiederti perdono
Di una morte
Che non ho meritato
Ma tu dove sei andata?

La gabbiana

Gabbiana
Bellezza circolare sul mare
Alba splendente di vita
Non fuggire da me
Non annegare i miei baci,
I morsi e le mie carezze
Vorrei entrarti nel petto
Nel tuo petto di piume
E volare.
Lasciami entrare,
Gabbiana
Nel tuo petto vibrante,
Fammi sentire
Il rumore del mare
Che spegne le grida
Del cuore,
Raccogli i miei gemiti,
Gabbiana
Per sotterrarli nel mare.
Non permettere alla morte
Di spezzare il mio collo ferito
Queste mie braccia le vedi, gabbiana?
Le vedi le mie cosce d’avorio?
Sorella, amica e madre
Lascia che io mi stenda
Dentro di te
Mia gabbiana
Non mettere
Un muro di pietra
Fra le tue ali
Ti voglio seguire nell’aria
Come la brezza sul mare
Non lasciarmi sola,
Difendimi tu dalla morte
Proteggimi tu dai miei sogni.
Ti guardo, gabbiana
E la tua bellezza mi brucia
Con te, con te voglio stare
E quando gli amori
Saranno sepolti
Dormire fra le tue ali

Wednesday, June 01, 2005

Oh grande maestro

Oh grande maestro
Mio incurabile poeta,
Fonte palpitante
Della mia poesia,
Ti ho scritto
E non hai risposto.
Ancora non hai capito
E non sai
Che la poesia
È solo una variante
Della passione
Fatta di ondulazioni
Sonore
Di toni minori
Non contenuti
Nel pentagramma rigido
Delle convenzioni.
La poesia
E' la pietra preziosa
Che scaturisce
Dai singhiozzi.
La poesia è un fiore
Ermetico
Come il canto
Delle gabbiane
Come la musica
Dei boschi.
Oh grande maestro
Fonte palpitante
Della mia poesia
Mio incurabile poeta
Ti ho scritto
E non hai risposto