Friday, February 17, 2006

La sirena mugge

La sirena mugge
E il vento dal mare
Rastrella rabbioso
I bordi delle finestre
Corriamo in fretta
Nella stanza blindata.
E’ primavera sulla collina.
Mio padre mi guarda.
Ha un aspetto insolito
Il suo viso è avvolto
Da un pallore sedentario,
E un sorriso troppo ampio
Che non gli conoscevo.
Mia madre
Nel suo vestito chiaro
Lo guarda con occhi
Pieni di stupore.
Nella stanza blindata
La radio annuncia:
“Siamo sotto attacco
Di missili dall’Irak”.
Ventinove missili in tutto.
Io stretta a mia madre
La guardo
Con occhi spaventati
E toccando timidamente
Il braccio a mio padre
Gli chiedo:
“Che cos’è questa? È la guerra?”
“No, bambina, è un gioco,
Mettiti la maschera”

Sulla riva del fiume ballavamo la hora

Volevo guardarla,
Con avidità,
Perchè non si sciogliesse il ricordo,
Ma non potevo vederla:
L’avevano coperta
Con un bianco lenzuolo
Per non turbare
L’eterno suo isolamento,
La sua intimità col creatore.
Cercai di immaginarla viva
In una giornata di sole,
Quando il mare verde danzava
Ebbro sulla nostra spiaggia,
O in quelle sere di sogno
Quando sulla riva del fiume
Ballavamo la hora
E i suoi lunghi ricci biondi
Si dondolavano lenti
Sotto i rami d’ulivo.
Al suo funerale
Vidi alti cavalieri
Che seminavano lacrime
E profumi di mirto
Volevo guardarla,
Con avidità,
Perchè non si sciogliesse il ricordo.
La pioggia fuori della finestra
Sigillava con raffiche brevi
I bordi della mia finestra
E l’ultima luce del giorno
Si sfaceva nel crepuscolo.
Il suo viso sotto il lenzuolo
Sembrava tremare
Come se fosse sotto il mare
E macchie confuse indistinte
Turbinavano nel buio.
Cercai di immaginarla viva
In una giornata di sole
Quando il mare verde danzava
Ebbro sulla nostra spiaggia,
O in quelle sere di sogno
Quando sulla riva del fiume
Ballavamo la hora
E i suoi lunghi ricci biondi
Si dondolavano lenti
Sotto i rami d’ulivo
Volevo guardarla,
Con avidità,
Perchè non si sciogliesse il ricordo

Monday, February 13, 2006

Domani si sveglieranno in un mondo migliore

Conosco
Una ragazza bruna,
Una ragazza bionda
E una ragazza rossa.
Sono ragazze miti
Che sognano turbate
Incendi e desideri
Eccitazioni e baci.
Per loro hanno dipinto
Tre stanze di ospedale:
Un ospedale pieno di gridi
Di garza inzuppata di liquido
E gambe di marmo bianco
Servite in un vassoio.
Ragazze senza nome
Che guardano
Inquietamente
La strada
E lasciano cadere
Inutili piccole lacrime,
Pregne di nostalgie
E di angoscia.
In questo piccolo spazio
Al primo e al secondo piano
Le tre ragazze vivono
E guardano passare
Attraverso la grande finestra
La gente indaffarata.
Guardano la strada,
I negozi.
Le macchine,
I grattacieli di vetro
E si stringono una all'altra
Disorientate e sole.
Presto sarà tutto finito.
Domani si sveglieranno
In un mondo migliore.

Quando arriverà il maschiach?

Quando arriverà il maschiach?
Quando finiranno guerre,
Le sofferenze e le distruzioni?
Ci provarono gli Ittiti
Gli Assiri e i Filistei
Ci provarono gli Egiziani
E Mosé, arrabiatissimo,
Decise di portarci tutti
In una terra chiamata Canaan
Quarant’anni ci mise
Per superare pochi chilometri!
In quarant’anni avrebbe potuto
Approdare sui lidi d’Italia
Io l’avrei preferito.
Poi venne Roma e Tito,
Suo ineffabile figliolo
Che ci vestì da romani
Facendoci correre come pazzi
Sull’arena del Colosseo.
Ma la sfortuna più grande
Fu l’arrivo di quel rabbino
Che andava dicendo
A destra ed a sinistra
Di essere figlio di d-o
E trovò chi gli credeva.
Poi giunsero le crociate
Che dovevano liberare
I luoghi santi dagli arabi
Ma prima che riuscissimo
A pronunziare verbo
Iniziarono a giocare football
Con le nostre teste mozzate.
Poi l’ineffabile Torquemada,
Uomo molto brillante
Che si servì di noi Per illuminare
Le strade di Spagna.
Poi ci chiusero in quei posti
Che si chiamano ghetti
Ma anche qui
Quando nulla di meglio
Avevano da fare
Entravano per scannarci.
Poi gli zar che
Inventarono la parola pogrom
E con tipica fantasia slava
"I protocolli dei savi di Sion",
Infine, non tanto tempo fa’,
Nacque in Germania
Un imbianchino
Che sei milioni del popolo eletto
Fece passare per stretti camini.
Ora finalmente abbiamo una patria
E sono gli arabi che ci danno la caccia,
Assassinii, sequestri, accuse, attentati,
Bombe e tante altre specialità .
Ebbene, d-o onnipotente,
La mia pazienza è finita.
Non è ingratitudine la mia
Ma non ne posso più.
Mi avevi promesso il messia
L uomo che dovevi scegliere
Per redimere Israele
Per portare la pace.
Quando arriverà il maschiach?
Quando finiranno guerre
Le sofferenze e le distruzioni?