Saturday, August 16, 2008

Budrio

E’ venerdì Karmit sola nella sua cameretta dell’ospedale di Budrio attende il crepuscolo per accogliere il sabato ebraico. Si siede in poltrona e comincia a leggere. Poi volge lo sguardo verso il paesaggio emiliano che intravedeva attraverso la finestra. Era un paesaggio familiare, le dolci colline le ricordavano la sua terra. Una terra pagana le stava insegnando la bellezza del mondo di d-o.
In quell’ora del tramonto sola e lontana era come se le si rivelassero tutti i misteri della torà. Aveva portato con se un piccolo candelabro portatile. Accese le candele e l’infermiera che entrò nella stanza con la cena. la osservò stupita. Improvvisamente le parve di scorgere un uomo col cappello ed una barba fluente che gli scendeva al petto, sembrava una cascata di acqua fresca che attirava le morbide luci delle candele Fra le mani stringeva la torà e il suo corpo ondeggiava lentamente avanti e indietro.
Ma suo padre era lontano. Karmit piena di nostalgia si disse: “Presto tornerò a Gerusalemme”. Aveva nostalgia di Gerusalemme . Si pentiva di essersi allontanata proprio in momenti così difficili. Laggiù c’era la guerra e nell’aria la minaccia di un nuovo olocausto. I continui attacchi dei palestinesi erano un incubo senza fine, il terrore di giorno di notte. Per quanto tempo un paese poteva sopportare questi continui massacri? Allora penso a Tal che credeva nella pace e organizzava incontri con ragazzi arabi di buona volontà.

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