Saturday, August 27, 2005

Poi la chiamai e rimasi senza risposta

Un pomeriggio del mese di agosto
All’entrata al supermercato
Mi imbattei in una ragazza
Si chiamava Ronit.
Era come assente
E i suoi occhi
Erano volati via.
“Sei pallida” le dissi
“Dove stai andando?
Assomigli alla mia anima
Alla parola tristezza.
Perchè sei taciturna?
Mi sembri dolorosa
Come se tu fossi morta”.
Aveva occhi di luce
E il sorriso dell’acqua
Ed era dolce come
Le viole, gli ulivi
E i sicomori.
L’abbracciai
E le sorrisi.
Poi camminando per la strada
Scoppiai a piangere
Perchè mi resi conto
Che la ragazza
Era solo un fantasma.
Più tardi continuai a piangere
E lei mi ascoltava
Tremante.
Poi iniziai a parlare
Nella calura estiva.
Era una discussione tecnica
Sui metodi di sopravvivenza
Sui nomi magici
Sul legame
Fra i vari fonemi ebraici.
“Sapevi che matzpun,
Cioè coscienza ,
Ha la stessa radice di matzpen
Cioè bussola?”
Mi chiese.
“Sapevi che ebreo,
cioè ivrì
Ha le stessa radice di arabo,
Cioè aravì?”
Fino al calar della sera
Discutemmo di testi del talmud
Di inni
E di preghiere.
Poi ci sedemmo
In un locale affollato,
Fragrante di odori
Che mi ricordavano
I tempi dell’infanzia.
“Io sono convinta,
Che tu debba parlarne”
Le dissi infine
“Non è giusto che la tua morte
Sia stata vana”.
La sera era calata,
La strada affollata
E noi ci avviammo
Fianco a fianco
Mano nella mano
Verso casa.
Volevamo esplorare
L’angelo che produce vita
E non il demone
Apportatore di morte.
“Vieni, accendiamo la radio”
Mi disse entrando a casa,
“Forse ci siamo perse
Qualche innocente massacro.
Io ora devo andare,
Ma tu attenta, stai attenta, Sigal
Non lasciarti sedurre.
La morte sta girando
Con ardenti mani sudate
Per le strade.
Devi starne lontana.
Non lasciarti assediare dalle sue nere radici
A forma di unghie e di artigli”.

Poi la chiamai e rimasi senza risposta.

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